Il «pulvis et umbra» oraziano in alcuni poeti latini tardoantichi

Autori

  • Elena Castelnuovo

DOI:

https://doi.org/10.13130/2282-0035/5141

Abstract

L’affermazione di Orazio pulvis et umbra sumus (Carm. 4.7.16) ha lasciato un’impronta nei poeti successivi? Scopo dell’articolo è analizzare l’influenza di un tale verso su tre autori tardoantichi: Ausonio, Paolino di Nola e Venanzio Fortunato. Essi si rifanno al modello in modi differenti: se Ausonio si limita a riprodurre il verso di Orazio, Paolino, invece, riprende i termini pulvis et umbra aggiungendovi sine Christo, per mettere in luce la diversità fra la visione pagana e la sua concezione di vita rinnovata dalla conversione. Inoltre, echi dalle Scritture nei due passi di Paolino e di Venanzio portano a una ricchezza di significato dovuta all’incontro fra la tradizione classica e quella biblica. Un’appendice tenta di rispondere alla domanda su quale testo del Salterio conoscesse Paolino.

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Pubblicato

2015-08-04

Fascicolo

Sezione

Saggi