ACME https://riviste.unimi.it/index.php/ACME <p>Acme si propone di contribuire allo studio e all’approfondimento dei settori umanistici della ricerca, sia con l’apporto di maestri riconosciuti, sia valorizzando il contributo di studiosi giovani e promettenti che sappiano approfondire specifiche tematiche filologiche e filosofiche, storiche e artistiche.</p> Milano University Press it-IT ACME 2282-0035 <p>(Estratto del contratto di edizione)</p><p>L'autore concede a ACME il diritto di pubblicare per la prima volta o ripubblicare l’opera entro un anno dalla consegna definitiva e quello perpetuo di distribuirla gratuitamente al pubblico su qualsiasi supporto e in qualunque parte del mondo, ivi compresa la comunicazione al pubblico tramite il sito Web della rivista;</p><p>L'autore mantiene il diritto di creare opere derivate e di riprodurre, distribuire, eseguire o mostrare pubblicamente la sua opera in occasione di docenze, conferenze o presentazioni, o altre opere di natura scientifica e attività professionali esplicitando la pubblicazione su ACME;</p><p>L'autore mantiene il diritto di diffondere ad accesso aperto, tramite il proprio sito web o tramite un archivio istituzionale o disciplinare, l’opera dal momento della sua pubblicazione su ACME;</p><p>L'autore rinuncia, d’accordo con l’Editore, a qualunque eventuale forma di remunerazione accordata dalla normativa nazionale vigente ad autori ed editori per i diritti di reprografia a scopo non di lucro e prestito bibliotecario.</p> Premessa https://riviste.unimi.it/index.php/ACME/article/view/23188 <p>Premessa al volume 76, numero 1-2, 2023.</p> Marco Modenesi Copyright (c) 2024 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0 2024-05-03 2024-05-03 76 1-2 5 5 La Ripartenza postbellica in due mostre a Roma, in Palazzo Venezia, negli anni 1944 e 1945 https://riviste.unimi.it/index.php/ACME/article/view/23015 <p>Il presente articolo si propone di spiegare il contesto storico-artistico e il significato politico di due esposizioni dell’immediato dopoguerra svolte a Palazzo Venezia, il quartier generale di Mussolini. Esse sono la <em>Mostra dei capolavori della pittura europea (XV-XVII secoli)</em>, che ha luogo dall’agosto 1944 al febbraio 1945, e la <em>Mostra d’arte italiana a Palazzo Venezia</em>, inaugurata a maggio e conclusa nell’ottobre 1945. La prima è organizzata e promossa dal Governo Militare Alleato, la seconda dall’Associazione Nazionale per il Restauro dei Monumenti Danneggiati dalla Guerra, fondata e diretta dal filantropo Umberto Zanotti Bianco. Numerose vicende si intrecciano nell’organizzazione di queste esposizioni, tra cui il lavoro dei <em>Monuments Men</em>, le operazioni di salvataggio del patrimonio mobile da parte di alcuni ex funzionari del Ministero dell’Educazione Nazionale, la nascita del Governo Militare Alleato e delle nuove istituzioni italiane antifasciste, la necessità di restaurare il patrimonio artistico distrutto e la fondazione dell’associazione di Zanotti Bianco. Chiunque voglia affrontare lo studio della situazione storico-artistica del dopoguerra romano e nazionale deve necessariamente fare i conti con le due mostre di Palazzo Venezia.</p> Silvia Maria Vites Copyright (c) 2024 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0 2024-05-03 2024-05-03 76 1-2 7 24 10.54103/2282-0035/23015 Romolo divino, Romolo fatto a pezzi. L’uso politico del mito della scomparsa del primo re alla fine della Repubblica https://riviste.unimi.it/index.php/ACME/article/view/23022 <p>La complessità della tradizione letteraria sui primi secoli della vita di Roma è ormai nota, e proverbiale è quella sulla biografia romulea, imperniata su informazioni ambigue e contrastanti che, tra luci e ombre, rendono affascinante lo studio della sua figura, fin dall’antichità. Non da meno il caso della sua scomparsa, che presenta due varianti principali: in effetti, se in una il primo sovrano di Roma era assunto in cielo tra gli dei, nell’altra era brutalmente smembrato dalla furia dei <em>patres</em>. Nel presente contributo, che si colloca solo in coda a una lunga storia di studi storiografici, attraverso una prospettiva prettamente politica, si è cercato di comprendere le motivazioni sottostanti alla presenza di queste due, non solo diverse, ma diametralmente opposte tradizioni sulla scomparsa di Romolo. Il taglio politico conferito intende giustificare tale doppia esistenza partendo dallo sfruttamento del mito di Romolo all’interno dell’evoluzione e degli sconvolgimenti politici del I secolo a.C., divenendo oggetto centrale nel dibattito politico repubblicano: nella lotta tra le fazioni o negli scontri tra gli <em>imperatores </em>che dominarono la scena.</p> Pietro Scudieri Copyright (c) 2024 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0 2024-05-03 2024-05-03 76 1-2 25 36 10.54103/2282-0035/23022 Per Ignazio Cazzaniga, in ricordo https://riviste.unimi.it/index.php/ACME/article/view/23023 <p>Ignazio Cazzaniga (1911-1974), per molti anni Professore di Letteratura Latina all’Università degli Studi di Milano, durante la Seconda guerra mondiale, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, fu fatto prigioniero dai Tedeschi a Rodi, e trasferito in Germania, al campo di prigionia di Sandbostel, insieme con migliaia di ufficiali e soldati italiani. L’articolo traduce e commenta un carme latino da lui composto in quel luogo, come piccolo esempio della ricca vita culturale e intellettuale che fu mantenuta con intensa volontà dai prigionieri italiani, nonostante la fame, le malattie, le umiliazioni che subirono in quella terribile situazione.</p> Isabella Gualandri Copyright (c) 2024 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0 2024-05-03 2024-05-03 76 1-2 37 46 10.54103/2282-0035/23023 Rosa Calzecchi Onesti studiosa di varianti d’autore https://riviste.unimi.it/index.php/ACME/article/view/23024 <p style="margin: 0cm; text-align: justify; line-height: 12.0pt;"><span style="font-size: 10.0pt;">Di Rosa Calzecchi Onesti (1916-2011) si conoscono e si apprezzano le traduzioni, tutt’ora considerate punti di riferimento, di <em>Iliade</em> (1950), <em>Odissea</em> (1963) ed <em>Eneide </em>(1967); assai poco note sono, per contro, le sue ricerche di carattere filologico condotte sul testo del poema virgiliano. In particolare, a Calzecchi si deve una tesi di laurea, discussa a Bologna nel 1940 sotto la guida di Gino Funaioli e dedicata alla spinosa questione della possibile presenza di residue varianti d’autore nel testo dell’<em>Eneide</em>. Parte dei risultati confluì nell’edizione critica curata per l’Istituto Editoriale Italiano nel 1962, una manciata di anni prima della ben più nota traduzione per Einaudi. Nonostante la questione della variantistica d’autore nel testo di Virgilio sia stata da tempo superata dalla critica, un approfondimento può fornire, da un lato, un utile documento di storia degli studi: la questione della variantistica d’autore, nella tradizione dell’<em>Eneide</em> come in quella di altri autori classici, era, all’epoca in cui Calzecchi lavorò, tema assai dibattuto. Inoltre, almeno uno dei criteri individuati dalla giovane studiosa nella sua analisi può essere applicato con profitto anche a tradizioni in cui la presenza di varianti d’autore è verosimile o accertata.</span></p> Ambra Russotti Copyright (c) 2024 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0 2024-05-03 2024-05-03 76 1-2 47 66 10.54103/2282-0035/23024 Attic honey: fame, evidence and connection with the funerary sphere https://riviste.unimi.it/index.php/ACME/article/view/23070 <p>Gli studi sui prodotti ateniesi menzionano in modo generalmente marginale il pregiato miele attico, nonostante la notevole diffusione della produzione, attestata dai ritrovamenti archeologici di arnie in terracotta in tutto il territorio. Anche le fonti letterarie menzionano spesso il miele prodotto in Attica, in particolare la più famosa varietà del monte Imetto. Con il presente lavoro si intende riflettere sull'importanza del miele attico, concentrando l’attenzione soprattutto sul suo significato culturale. Inoltre, l’obiettivo è anche quello di valutare la possibile connessione tra il miele e la sfera funeraria in Attica. Questa relazione viene esplorata attraverso la rianalisi delle interpretazioni proposte per un gruppo di modellini geometrici fittili rinvenuti in contesti funerari ateniesi.</p> Silvia Negro Copyright (c) 2024 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0 2024-05-03 2024-05-03 76 1-2 67 84 10.54103/2282-0035/23070 Nomina actionis in -σις e composizione nominale in greco antico https://riviste.unimi.it/index.php/ACME/article/view/23066 <p>In greco antico, i composti che presentino come secondo costituente un sostantivo formato con il suffisso -σις sono molto rari e godono di scarse attestazioni: la maggior parte, infatti, è rappresentata in realtà da derivati da lessemi già composti, soprattutto verbi. Nonostante il significato prototipico dei nomi semplici in -σις sia eventivo, la semantica dei nomi composti in -σις non derivati è perlopiù risultativo-strumentale, per slittamento metonimico; questo fatto è confermato dal comportamento sintattico dei composti in -σις, più vicino a quello dei nomi puri, e quindi generalmente privo di una struttura argomentale. Il secondo costituente di alcuni composti in -σις non è attestato in isolamento, ma l’intero composto è comunque considerabile endocentrico dal punto di vista categoriale. Il suffisso -σις, scarsamente produttivo in composizione, viene sostituito in quest'ambito da suffissi che rientrano nella declinazione tematica, in particolare da -σία, supplendovi invece nella creazione di nomi semplici, in un rapporto analogo a quello che si può evidenziare rispettivamente, nel campo dei nomi d'agente, fra i suffissi -τήρ/-τωρ e -της.</p> Lorenzo Montrasio Copyright (c) 2024 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0 2024-05-03 2024-05-03 76 1-2 85 97 10.54103/2282-0035/23066 The myth of mankind and the representation of people in Late 18th-century British dictionaries of trade and commerce https://riviste.unimi.it/index.php/ACME/article/view/23075 <p>Lo studio ha come obiettivo l’analisi dei termini <em>mankind</em> e <em>people</em> in due opere lessicografiche dedicate al commercio e pubblicate a Londra intorno alla metà degli anni ’50 del Settecento. Si tratta di <em>A New Dictionary of Trade and Commerce </em>di Rolt (1756) e di <em>The Universal Dictionary of Trade and Commerce</em> di Postlethwayt (1757). Una panoramica degli stessi termini nei dizionari universali di arti e scienze pubblicati sia nella prima, sia nella seconda metà del secolo (cfr. References, Primary Sources), sarà utile per definire il quadro di riferimento storico-culturale e storico-sociale più in generale. A partire dai termini chiave <em>mankind</em> e <em>people</em>, la rispettiva frequenza d’uso e la loro rilevanza nei due dizionari <em>ND</em> e <em>UD</em>, la ricerca si amplia per includere altri termini a essi associati (e.g. locuzioni e strutture sintattiche nelle quali <em>mankind</em> e <em>people</em> ricorrono) e categorie semantiche (e.g. contesti d’uso specifici: condizione sociale, sistema di valori, demografia, identità e cittadinanza, etc.). Le voci lessicografiche, i rinvii, e le locuzioni si combinano e strutturano una rete complessa sia sul piano lessicografico, sia sul piano lessicologico. Tale rete di rapporti, oltre a fornire informazioni e contenuti relativi ad ambiti specifici, mette in luce il principio gerarchico che governa la società inglese della tarda modernità. In particolare, <em>people</em> si declina in una miriade di entità. I dizionari che hanno come oggetto il commercio, gli scambi, e la società del periodo sono fonti documentarie estremamente ricche sul piano contenutistico, ma anche veicolo molto incisivo di prospettive ideologiche.</p> Elisabetta Lonati Copyright (c) 2024 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0 2024-05-03 2024-05-03 76 1-2 99 114 10.54103/2282-0035/23075 Collo, spalla, pancia, piede. Riflessioni sull’anatomia del vaso https://riviste.unimi.it/index.php/ACME/article/view/23076 <p>Questo contributo prende in considerazione uno dei fenomeni più trasversali a numerose lingue, antiche e moderne: la designazione delle diverse parti di un vaso con lo stesso lessico impiegato per le parti del corpo umano.</p> <p>Il lavoro si concentra su quattro tra le lingue moderne più utilizzate nella bibliografia archeologica (italiano, inglese, francese e tedesco) e sulle due lingue classiche per eccellenza (greco e latino), offrendo una panoramica del lessico utilizzato e delle metafore o figure retoriche che nel mondo antico e moderno includono la figura del vaso e le sue parti. In un secondo momento vengono presentati dei casi studio relativi, a loro volta, all’antichità e alla contemporaneità: da un lato, l’associazione dei vasi al corpo umano nella Grecia arcaica e il caso dei canopi etruschi; dall’altro, gli esempi straordinari di produzione di vasi antropomorfi o di assimilazione completa nel trattamento superficiale tra ceramica e corpo umano di alcune popolazioni centro-africane (Yungur, Mafa e Bulahay). A conclusione di questo articolo vengono proposte alcune ipotesi interpretative del fenomeno, i cui elementi fondativi possono essere ritrovati sia in alcuni racconti cosmogonici tipici del mondo antico, sia negli studi di linguistica cognitiva degli ultimi decenni.&nbsp;</p> Isabella Bossolino Copyright (c) 2024 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0 2024-05-03 2024-05-03 76 1-2 115 130 10.54103/2282-0035/23076 Gli interessi storico-artistici di Francesco Saverio Quadrio https://riviste.unimi.it/index.php/ACME/article/view/23077 <p>L’articolo affronta gli interessi storico-artistici del letterato e storico Francesco Saverio Quadrio (Ponte in Valtellina 1695-Milano 1756), noto soprattutto per i suoi studi sulla storia della poesia e della sua terra natale, la Valtellina. Nei suoi libri Quadrio ha raccolto e combinato diverse informazioni anche su artisti e opere d’arte. Non tutte le notizie raccolte sono affidabili, ma i suoi studi sono comunque stati una delle fonti per l’aggiornamento di volumi importanti per la loro grande diffusione internazionale, come gli studi di Johann Caspar Füssli o il famoso <em>Dictionary of Painters</em> Pilkington. Si è perciò cercato di comprendere il metodo di lavoro di Quadrio, indagando l’origine delle sue ipotesi, ma anche gli effetti di queste nella storiografia successiva.</p> Massimo Romeri Copyright (c) 2024 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0 2024-05-03 2024-05-03 76 1-2 131 147 10.54103/2282-0035/23077 Prometeo e il destino nel nome: [Aesch.] Pr. 86 https://riviste.unimi.it/index.php/ACME/article/view/23078 <p>Il contributo discute la lezione προμηθέως del v. 86 del <em>Prometeo Incatenato</em>. Se ne discute la genuinità in rapporto alla fortunata congettura προμηθίας proposta da Peter Elmsley.</p> Carlo Delle Donne Copyright (c) 2024 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0 2024-05-03 2024-05-03 76 1-2 149 153 10.54103/2282-0035/23078 The construction ‘εἶναι + participle’ in Homeric Greek: prototype analysis and the morphosyntax-semantics interface https://riviste.unimi.it/index.php/ACME/article/view/23079 <p>Questo contributo tratta della perifrasi ‘εἶναι + participio’ in greco omerico all’interfaccia fra morfosintassi e semantica. I dati sono analizzati con riferimento al quadro teorico elaborato da Nardi e Romagno (2022), che considerano la perifrasi con εἶναι in greco antico come una categoria prototipica: secondo questa prospettiva, la categoria sovraordinata ‘εἶναι + participio’ include due manifestazioni formalmente diverse ma funzionalmente equivalenti, un costrutto con una copula espressa, cioè una perifrasi vera e propria, e un costrutto senza copula espressa, cioè un participio predicativo (fondamentalmente, un participio che funziona come una forma finita). Questa indagine mira a valutare se si possano individuare fattori che determinano o soggiacciono all’uso di queste costruzioni participiali in greco omerico. L’analisi dei dati raccolti nei poemi omerici mostra che le costruzioni participiali codificano la funzione specifica di significare lo stato, inerente o acquisito, del soggetto del predicato, costituendo pertanto un’alternativa (più o meno libera) al perfetto originario (cfr. Romagno 2005).</p> Edoardo Nardi Copyright (c) 2024 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0 2024-05-03 2024-05-03 76 1-2 155 169 10.54103/2282-0035/23079 Galeno lettore del buono accoglitor del quale (Inf., iv, 139): a proposito di alcune citazioni da Dioscoride nel Corpus Galenicum https://riviste.unimi.it/index.php/ACME/article/view/23080 <p>Nel <em>Corpus Galenicum </em>sono molte le citazioni del nome di Dioscoride e della sua opera, il <em>De materia medica</em>, talvolta con minime differenze nel contenuto o con commenti eruditi di Galeno. Oltre a queste riprese più esplicite, ci sono anche alcuni passaggi degli scritti galenici che potrebbero avere come fonte il <em>De materia medica</em>. Questo anche sulla base di alcuni <em>n-grams </em>che ricorrono in entrambi gli autori, l’uno <em>source text </em>e l’altro <em>target text</em>. Esaminando le citazioni più o meno esplicite dell’opera dioscoridea in Galeno, questo contributo si propone di mostrare l’influenza de <em>il buono accoglitor del quale</em> negli scritti del medico di Pergamo e il suo rapporto con il modello dioscorideo.</p> Giulia Freni Copyright (c) 2024 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0 2024-05-03 2024-05-03 76 1-2 171 182 10.54103/2282-0035/23080 Bergomum. Nomi indigeni e forme d’integrazione nell’epigrafia locale https://riviste.unimi.it/index.php/ACME/article/view/23081 <p>L’articolo affronta il problema delle interazioni fra cittadini romani e indigeni nel territorio di <em>Bergomum</em>, <em>municipium</em> della <em>regio xi - Transpadana</em>, attraverso l’esame delle formule onomastiche riscontrabili in alcune iscrizioni. In particolare, l’analisi della documentazione epigrafica agirà su un doppio binario, prendendo in considerazione sia formule di onomastica idionimica – tipicamente indigene e presenti anche dopo la concessione della cittadinanza romana alla <em>Transpadana</em> alla metà del I secolo a.C. – sia formule fedeli al modello romano dei <em>tria nomina</em>, che testimoniano un’ascendenza celtica e una certa persistenza di abitudini locali. Le prove fornite dall’onomastica, dunque, saranno utili ad indagare come gli abitanti “indigeni” di <em>Bergomum</em> abbiano affrontato la romanizzazione del loro territorio e attraverso quali meccanismi vennero integrati nella struttura sociale romana; ciò anche attraverso il confronto con realtà circonvicine, prima fra tutte la <em>Colonia Civica Augusta Brixia</em>.</p> Davide Luigi Pironi Copyright (c) 2024 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0 2024-05-03 2024-05-03 76 1-2 183 197 10.54103/2282-0035/23081 Genealogia di uno schema esistenziale: la figura dello Schlemihl in Rahel Varnhagen, Hannah Arendt e Lea Ritter Santini https://riviste.unimi.it/index.php/ACME/article/view/23082 <p>Il presente contributo mira a gettare luce sulla figura ebraica dello <em>Schlemihl</em>, per come questa è venuta ad assumere, nei discorsi di Rahel Varnhagen, Hannah Arendt e Lea Ritter Santini, la funzione extra-letteraria di dispositivo di riconoscimento e schema esistenziale. È nella triangolazione dei discorsi e delle vite di queste tre intellettuali appartenenti, ognuna a suo modo, alla cultura tedesca, che la figura dello <em>Schlemihl </em>ha esemplarmente dispiegato la sua forza genetica, come metafora di un destino in cui, fin dal momento del suo apparire letterario nella società dei salotti berlinesi di primo Ottocento grazie ad Adelbert von Chamisso, hanno riconosciuto se stesse coloro che hanno dovuto ritagliare la propria vita sul fondamento dello sradicamento e di una esclusione primigenia. In quella che potrebbe essere compresa come una vera e propria genealogia, il riferirsi allo <em>Schlemihl</em> di Rahel Varnhagen, Hannah Arendt e Lea Ritter Santini restituisce il senso comune di uno sfaccettato subire e agire lo sradicamento, entro la cornice di un discorso prismatico – sotto forma di lettere, saggi e poesie – che nel nutrirsi di vita e pensiero ha saputo raccontare la marginalità nelle sue forme differenti e contigue.</p> Chiara Maciocci Copyright (c) 2024 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0 2024-05-03 2024-05-03 76 1-2 199 208 10.54103/2282-0035/23082 L’Ars Poetica in Europa e in Italia: prospettive su tradizione e fortuna dell’epistola oraziana nei secoli XVIII e XIX https://riviste.unimi.it/index.php/ACME/article/view/23083 <p>Il presente articolo si propone di seguire il percorso della tradizione dell’<em>Epistola ai Pisoni</em> di Orazio in Europa e in Italia tra Sette e Ottocento, con particolare attenzione al contesto storico-culturale di riferimento e agli specifici ambienti di ricezione. Il tema è certo ampio e necessiterebbe di una trattazione più distesa e articolata di quella che questa sede può offrire: la prospettiva sarà, dunque, limitata ad alcune specifiche considerazioni sull’argomento. Il lavoro si sofferma primariamente sui diversi meccanismi di traduzione e ripresa che interessano l’opera oraziana tutta. Tra questi si rintracciano molteplici filoni: a partire dalla ricerca biografica, passando attraverso la vivace sfera dell’imitazione e della parodia, per approdare alle rielaborazioni musicale e pittorica. L’analisi giunge così a concentrarsi in particolare sull’<em>Ars poetica</em>, della quale si seguono le fila della diffusione e si ripercorrono gli episodi della fortuna in Italia, dove la ricezione dell’opera si lega alla questione linguistica ai tempi estremamente attuale. Sensibili all’influsso oraziano si rivelano tanto grandi nomi del panorama culturale italiano, quanto intere correnti letterarie, come l’Arcadia, oltre a docenti – sempre più interessati a una corretta lettura dell’opera da parte dei propri studenti – nonché semplici amatori. Funge, infine, da addentellato di uno studio che sarebbe, altrimenti, meramente descrittivo, un’ipotesi in merito a un possibile legame tra gli ambienti di diffusione dell’<em>Ars poetica</em> tipici di ciascuno dei due secoli. Dall’analisi condotta sui dati disponibili si evidenzia, infatti, una continuità di interessi tra arcadici e docenti riconducibile a una “discendenza educativa” di questi ultimi dai primi.</p> Valentina Tarantino Copyright (c) 2024 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0 2024-05-03 2024-05-03 76 1-2 209 228 10.54103/2282-0035/23083 L' Olimpica 13 di Pindaro tra occasione e riesecuzione https://riviste.unimi.it/index.php/ACME/article/view/23084 <p>L’<em>Olimpica </em>13 di Pindaro, dedicata a Senofonte di Corinto, presenta due caratteristiche macroscopiche: lunghi elenchi di vittorie ottenute dalla famiglia di Senofonte e un accumulo di miti strettamente legati alla città di Corinto (Sisifo, Medea, Glauco e Bellerofonte). Questa connessione con Corinto è stata fortemente rimarcata, con particolare attenzione alla famiglia degli Oligetidi e ai miti di Medea e Sisifo presenti nei perduti <em>Korinthiak</em><em>á </em>di Eumelo. Nondimeno, l’ode sembra mostrare i tipici meccanismi atti a interessare pubblici secondari. Ritengo che le narrazioni di Pindaro siano consapevolmente generiche, allo scopo di permettere riesecuzioni in festival e simposi. Dall’altro lato, anche la precisione dei cataloghi di vittorie può avere la funzione, in scenari di riesecuzione, di dare ai futuri ascoltatori la sensazione di trovarsi nel luogo della prima esecuzione (l’espediente della cosiddetta “pseudo-intimacy”).</p> Simone Corvasce Copyright (c) 2024 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0 2024-05-03 2024-05-03 76 1-2 229 240 10.54103/2282-0035/23084 Il Panegirico di Plinio a Trajano di Vittorio Alfieri: ricognizione critica e nuove prospettive https://riviste.unimi.it/index.php/ACME/article/view/23085 <p>Il contributo propone una ricognizione della critica sul <em>Panegirico di Plinio a Trajano </em>di Vittorio Alfieri dai primi decenni del Novecento fino gli anni Duemila. L’opera è stata considerata a lungo alla stregua di un esercizio letterario, e solo a partire dagli anni ‘80 del Novecento, grazie agli studi di Giuseppe Rando, ne è stato riconosciuto il valore politico e storico all’interno dell’opera alfieriana. Attraverso il presente studio si cercherà pertanto di offrire una panoramica della critica dell’opera, analizzando l’evoluzione degli studi sul <em>Panegirico</em> e mettendo, infine, in luce nuove prospettive e linee di ricerca ancora non del tutto indagate.</p> Sara Gallegati Copyright (c) 2024 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0 2024-05-03 2024-05-03 76 1-2 241 249 10.54103/2282-0035/23085 Pueri e comunità pastorale nelle Bucoliche di Virgilio https://riviste.unimi.it/index.php/ACME/article/view/23086 <p>Nelle <em>Bucoliche </em>i giovani, figure assai presenti già in Teocrito, compaiono sempre accanto a personaggi più anziani. Questi ultimi, i <em>senes</em>, sono rappresentanti autorevoli della comunità pastorale, spesso in quanto depositari di una tradizione poetica prestigiosa; i <em>pueri</em>, anch’essi per lo più già poeti, aspirano al pieno riconoscimento poetico da parte della comunità, che viene loro conferito per bocca o tramite dei <em>seniores</em>. Tale consacrazione è talvolta segnalata dalla consegna della zampogna e, quindi, del patrimonio poetico del suo vecchio possessore. Si tratta di un momento di passaggio, in cui il giovane entra a pieno diritto nella comunità adulta dei pastori-cantori e diviene erede della sua tradizione: la continuità generazionale garantisce la continuità della tradizione poetica, che così può sopravvivere. Mentre nell’<em>Eneide </em>le morti premature di tanti <em>pueri</em> che aspirano al riconoscimento come <em>viri </em>mettono in discussione questo processo, nelle <em>Bucoliche </em>la speranza della continuità appare come l’unica via attraverso la quale la comunità può cercare, per quanto fragile, un suo equilibrio.</p> Giacomo Dettoni Copyright (c) 2024 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0 2024-05-03 2024-05-03 76 1-2 251 263 10.54103/2282-0035/23086