Voluntary Exile and Eisangelia in Athens

Remarks about the Lawfulness of a Widespread Practice

Autori

  • Laura Loddo Università degli Studi di Cagliari

DOI:

https://doi.org/10.13130/1128-8221/14505

Abstract

Questo articolo si propone di indagare la questione della (il)legittimità dell'esilio volontario da parte degli imputati nei processi per eisangelia. Si sostiene che l'abitudine dell'imputato di sottrarsi al processo con l’esilio non fu mai considerata legittima, nonostante la frequenza con cui si fece ricorso a tale condotta. In primo luogo, si esamina la questione dell'alternanza tra la pena di morte e l'esilio nei processi per alto tradimento, con l'obiettivo di dimostrare che l'esilio non fu una pena legata alla procedura di eisangelia. In secondo luogo, si sostiene che il diritto attico prese in considerazione la questione della (il)legittimità dell'auto-esilio, come dimostra l'esistenza di una legge ateniese che regolava la stessa materia nei casi di omicidio. Infine, si analizzano alcune testimonianze che permettono di affermare che gli imputati in processi per alto tradimento che si sottraevano alla giustizia furono assimilati a dei fuorilegge. Elementi come la pratica di fissare delle taglie su chi si sottraeva al processo, le richieste di estradizione per i fuggitivi, l'imposizione di ulteriori sanzioni come la confisca dei beni e l'iscrizione del nome del fuggitivo su una stele bronzea, corroborano questa ipotesi.

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Pubblicato

2020-11-19

Fascicolo

Sezione

Articoli