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Giulia Ferrari Bedini

(Milano)

L’attualizzazione dei modelli letterari in
«Zwischen neun und neun» (1918) di Leo Perutz
*

[The actualization of literary models in
«Zwischen neun und neun» (1918) by Leo Perut
z]

abstract. This article analyses the relation between Leo Perutz’s novel Zwischen neun und neun (1918) and the poetics and works of several German-speaking authors who can be considered Perutz’s literary role models. In chronological order, consideration will be given to the enigmatic, paradoxical situations characterising Heinrich von Kleist’s works, to E.T.A. Hoffmann’s serapiontisches Prinzip, irony and humour, and to Arthur Schnitzler’s narratological techniques and the resignation of his characters. The comparison with these models will demonstrate how the novel relates to the tradition of German literature, in what manner it surpasses it and which elements enable its correlation with modernism.

Il romanzo Zwischen neun und neun (1918) di Leo Perutz[1] è un testo tanto complesso nella sua costruzione quanto nel suo stile ed eterogeneo per quanto riguarda le tematiche di cui tratta. Gli eventi narrati si intrecciano all’interno di una struttura tipicamente «perutziana», che gioca con la relazione tra erzählte Zeit e Erzählzeit e con un narratore sottilmente inaffidabile per creare un effetto-sorpresa finale nel lettore[2]: tutto quanto accade «dalle nove alle nove» – il tentativo dello studente Stanislaus Demba di recuperare un’ingente somma di denaro nella convinzione di poterlo utilizzare per riconquistare la ex-fidanzata Sonja – non è altro che una visione nella mente del protagonista stesso, che in realtà è fin di vita in seguito a un tentativo di suicidio.

La complessità del romanzo non si limita tuttavia alla presenza di elementi narratologici enigmatici; una sua analisi intertestuale[3] porta alla luce anche una serie di riferimenti ad autori e testi della tradizione della letteratura di lingua tedesca che si delineano come i suoi modelli letterari di riferimento: Heinrich von Kleist e le situazioni enigmatiche e paradossali tipiche delle sue opere; il principio serapiontico, l’ironia e l’umorismo di E.T.A. Hoffmann[4] e le tecniche narratologiche e la rassegnazione dei personaggi di Arthur Schnitzler, suo contemporaneo. In particolare, l’analisi intertestuale consiste qui in un confronto tra la poetica e le opere dei suddetti autori, da una parte, e la poetica di Perutz e Zwischen neun und neun dall’altra. In questo modo è possibile ricostruire il loro influsso sul romanzo, da intendersi come «Beziehung, nach der bestimmte Eigenschaften des Entstehungskontextes relevant für die Erklärung oder Interpretation eines Textes sind», e più precisamente come «(2) eine Kausalrelation (direkter oder indirekter genetischer Kontakt)», per la quale «die Einflußbeziehung [ist] asymmetrisch und zeitlich relationiert (gegenseitige bzw. gleichzeitige Beeinflussung zwischen Texten ist ausgeschlossen)»[5].

Gli autori verranno di seguito presentati in ordine cronologico, in modo da illustrare come la poetica e, più specificamente, il romanzo di Perutz si riallacciano alla tradizione della letteratura di lingua tedesca, se e in che maniera la superano e come il testo può essere collegato alla modernità.

1. Heinrich von Kleist

Nelle opere e nella poetica di Perutz emergono diversi indizi che fanno presupporre che Kleist fosse un suo modello letterario di riferimento. La letteratura critica riconosce sia un influsso di carattere contenutistico, sia stilistico-formale.

Un’osservazione particolarmente rilevante sul piano tematico-contenutistico è quella di Jean-Jacques Pollet, che riconosce una forte analogia tra il personaggio kleistiano di Michael Kohlhaas nell’omonimo racconto e Joachim Behaim, protagonista dell’ultimo romanzo dell’autore praghese, Der Judas des Leonardo (1959, postumo). Entrambi sono commercianti di cavalli e si ritrovano a fare valere i propri diritti davanti a importanti questioni di giustizia. Come osserva Pollet, è la forte ostinazione di fronte alla propria causa ad accomunare Kohlhaas, Behaim e tutti gli altri eroi perutziani[6]. E non solo: l’assurdità e i paradossi tipici della prosa kleistiana – basti pensare proprio a Michael Kohlhaas, che finirà per vincere e contemporaneamente perdere la propria causa contro la legge, o alla celebre novella Die Marquise von O…, che presenta una situazione realistica, ma comunque ai limiti dell’assurdo – si ritrovano anche nei romanzi di Perutz. L’ostinazione viene declinata, riprendendo il termine usato da Pollet, proprio come una fatalité ordinaire, che non si spinge mai oltre alla verosimiglianza ma presenta situazioni all’estremo limite della realtà[7]. Anche Zwischen neun und neun non manca certamente di questi elementi: Demba è un antieroe moderno, e con tutte le sue forze cerca di riprendersi il denaro che gli spetta per riconquistare la ex-fidanzata ed essere così accettato dalla società. Così come Michael Kohlhaas vince e, al contempo, perde la sua battaglia giudiziaria: a Kohlhaas il tribunale darà ragione sulla questione dei cavalli, ma verrà condannato al patibolo per avere cercato di farsi giustizia da solo, Demba, dal canto suo, raggiungerà la tanto desiderata libertà, ma il prezzo da pagare sarà la morte.

La predilezione per situazioni di questo genere risponde a un’esigenza primaria della poetica degli autori: a una forte tendenza all’enigmaticità, a situazioni che suscitino curiosità nel lettore. Ciò si riflette anche nella costruzione delle loro opere, che spesso presentano una struttura analitica – da intendersi, secondo la definizione di Dietrich Weber, come un testo che presenta un enigma al lettore poiché il suo intreccio non rispetta l’ordine cronologico degli eventi, ma piuttosto denota una Hysteron-Proteron-Konstruktion: un evento che succede gli altri viene presentato all’inizio del testo come un indovinello perché le circostanze intorno ad esso non sono chiare; tramite la narrazione dei fatti che lo precedono si giunge a una spiegazione, e dunque alla sua risoluzione[8]. Un esempio eclatante di questa struttura in Kleist è costituito da Die Marquise von O…, in cui l’enigmatico annuncio di giornale riguardante la gravidanza della marchesa apre la novella, e solamente con la narrazione degli eventi che anticipano l’insolito fatto si può giungere, alla fine del testo, alla sua spiegazione. Anche molti dei romanzi di Perutz presentano una struttura analitica: in particolare, si tratta di quello che Martínez definisce proleptischer Rätselroman, e Zwischen neun und neun risulta esserne una complessa variante denominata retrograder Überraschungsroman[9]. La principale conseguenza dell’utilizzo di queste strutture è proprio un forte coinvolgimento del lettore che, spinto da una marcata Wie-Spannung, tenderà a formulare e a confutare una serie di ipotesi, fino al raggiungimento della soluzione alla fine della lettura[10]. È plausibile che Perutz per primo, in quanto grande amante della matematica, del gioco d’azzardo e degli enigmi[11], abbia subìto questo effetto leggendo Kleist. La curiosità provocata dalla struttura analitica delle opere di quest’ultimo potrebbe dunque essere stata non solo una fonte di ispirazione per i suoi romanzi, ma anche uno dei motivi della sua grande ammirazione verso questo autore.

Come suggerito da Hans-Harald Müller[12], l’influsso di Kleist su Perutz si può riconoscere anche da un punto di vista stilistico-formale. Sembra infatti che Perutz riprenda principalmente uno dei tratti tipici della prosa kleistiana: l’impiego della tecnica dello szenisches Erzählen[13]. I suoi romanzi sono infatti ricchi di dialoghi scritti in maniera molto realistica e accompagnati da un’accurata descrizione della mimica dei personaggi, come se si trattasse rispettivamente dello Haupt- e del Nebentext di un testo teatrale. A differenza delle opere di Kleist, non compaiono qui termini come Auftritt e Szene, associabili direttamente alle indicazioni sceniche, ma analogamente il romanzo è suddiviso in capitoli, ognuno dei quali corrisponde ad un singolo episodio in cui spesso si verifica l’entrata o l’uscita di scena di un personaggio. Ad esempio, il capitolo 1 termina con la seguente frase: «Stanislaus Demba hatte das Geld gewissenhaft auf den Tisch gezählt und sich dann mit dem Butterbrot davon geschlichen, als ob er es gestohlen hätte»[14], che assomiglia effettivamente all’uscita del protagonista alla fine di una scena teatrale. O ancora, all’inizio del capitolo 13 viene data una breve indicazione del luogo e il nome della figura che agisce: «Herr Kallisthenes Skuludis trat in das große Herrenmodewarengeschäft auf dem Graben ein und ließ sich von der Verkäuferin Krawatten zeigen»[15].

La somiglianza stilistico-formale non si limita tuttavia all’adozione di questa tecnica: Kleist le affianca un’apparente negligenza logico-sintattica, servendosi spesso di congiunzioni dal significato opposto rispetto a quello che la logica richiederebbe[16]. Ad esempio, Ott si riferisce alla seguente frase del Michael Kohlhaas: «als der Knecht schreckenblaß, wenige Momente nachdem der Schuppen hinter ihm zusammenstürzte, mit den Pferden […] daraus hervortrat [sottolineatura di chi scrive]»[17]. Sarebbe qui stato corretto utilizzare la congiunzione bevor invece di nachdem, perché è logicamente impossibile che il bracciante si accasci, pallido per lo spavento, dopo che il capannone è crollato dietro di lui – non sarebbe altrimenti sopravvissuto, o si troverebbe ancora tra le rovine. Nonostante Kleist non rese mai esplicito se tali incoerenze logico-narrative fossero volute o meno, esse risultano sistematiche, e la letteratura critica è arrivata dunque a supporre che fungano da segnali di inaffidabilità narrativa[18]. Anche se in Zwischen neun und neun non è possibile rilevare tali rotture logiche, lo szenisches Erzählen è ugualmente in contrasto con una serie di segnali di Unzuverlässigkeit des Erzählens – il che richiama nuovamente la comune predilezione degli autori per l’enigmaticità. Non si tratta di elementi di natura sintattica, come in Kleist, ma piuttosto di segnali contenutistici e narratologici[19] e di alcuni giochi di parole legati al campo semantico della morte[20].

Vi è altresì un segnale di inaffidabilità narrativa in Zwischen neun und neun che rappresenta un inequivocabile richiamo intertestuale al più celebre indizio di inaffidabilità kleistiana, e sembra così confermare ulteriormente l’influenza di Kleist sul romanzo di Perutz: si tratta del «wohl bekanntesten Gedankenstrich der Weltliteratur»[21] della novella Die Marquise von O…: «Hier traf er, da bald darauf ihre erschrockenen Frauen erschienen, Anstalten, einen Arzt zu rufen; versicherte, indem er sich den Hut aufsetzte, dass sie sich bald erholen würde; und kehrte in den Kampf zurück»[22]. Si tratta di un passaggio del capitolo 8 del romanzo, uno dei principali Wendepunkte perché Demba racconta all’amica Steffi del suo tentativo di suicidio: «[…] ‘Ich beugte mich weit hinaus, die Sonne schien mir auf den Kopf, und ich schlürfte die letzten Sekunden mit Wollust, und dann kam’s: Hinüber. Ich gab mir einen Ruck, verlor den Halt, ich hörte noch, wie die Glocke vom Kirchturm her neun Uhr zu schlagen begann, und dann ’»[23]. Analogamente al Gedankenstrich kleistiano, anche in questo caso il segno di punteggiatura viene utilizzato per omettere un’informazione essenziale per la vicenda – il fatto che, dopo la caduta, Demba non è effettivamente sopravvissuto, come egli stesso racconta subito dopo, ma giace in realtà in fin di vita –; come nel caso di Kleist, anche qui il narratore è dunque sottilmente inaffidabile dal punto di vista pragmatico: senza questa omissione sarebbe impossibile far funzionare la struttura narrativa del romanzo. Inoltre, anche Perutz si serve di questo segnale di inaffidabilità per fare riferimento alla perdita di coscienza[24] e per evitare la descrizione diretta di avvenimenti considerati tabù all’epoca – nel caso di Kleist si trattava di uno stupro; nel caso di Perutz di suicidio[25]. Emerge quindi un’ulteriore vicinanza tra i due testi, e cioè il tema tipicamente kleistiano dell’Unaussprechliches.

2. «Der Einbruch der E.T.A. Hoffmannschen Welt»[26]

Fu Perutz stesso a dichiarare l’influenza di E.T.A. Hoffmann sull’intera sua opera: «Ich glaube nicht, daß ich die Fähigkeit zur Satire habe oder je hatte. Was Sie so zu nennen die Freundlichkeit haben, ist wohl eher der Einbruch der E.T.A. Hoffmannschen Welt, der ich ja in jedem meiner Bücher die Tür, oder einen Türspalt, offen gelassen habe [sottolineature di chi scrive]»[27]. È interessante notare che la lettera risale al 18 dicembre 1951, quando Perutz aveva già pubblicato la maggior parte delle sue opere, ad eccezione di Nachts unter der steinernen Brücke (1953) e di Der Judas des Leonardo (1959, postumo). Dato che egli parla dello «Einbruch der E.T.A. Hoffmannschen Welt» in tutti i suoi libri, è allora possibile dedurre che anche Zwischen neun und neun è incluso in questo discorso.

Come osserva Bettina F. Cothran, l’influenza di E.T.A. Hoffmann sulle opere di Perutz si può riscontrare sia nella loro forma sia nei contenuti: l’autore esprimerebbe una ironische Doppelbödigkeit molto vicina a quella hoff­manniana, e il suo stile presenterebbe una Bildhaftigkeit corrispondente alle esigenze del principio serapiontico[28]. Quest’ultimo, uno dei fondamenti della poetica di Hoffmann, fungerà di seguito da punto di partenza per comprendere in che maniera l’autore abbia «lasciato aperta una porta sul mondo hoffmanniano» anche in Zwischen neun und neun.

Il serapiontisches Prinzip è da intendersi come spiegazione alla visione dualistica del mondo di Hoffmann: il poeta non deve limitarsi a riprodurre una mera copia della realtà, ma deve piuttosto memorizzare l’immagine reale, scomporla attraverso le proprie facoltà percettive mentali e infine tradurla in un’immagine poetica[29]. Ecco perché il confine tra realtà e fantasia nelle sue opere è labile e i due mondi confluiscono continuamente l’uno nell’altro fino a diventare indistinguibili[30]. In questo senso, i suoi testi rappresentano perfettamente il concetto todoroviano di Unschlüssigkeit[31]. Corollari di questo principio sono i concetti di ironia e di umorismo. La prima è da intendersi come la dissonanza tra uomo e mondo generata proprio dal dualismo tra realtà e fantasia: l’essere umano nutre desideri che vanno al di là delle possibilità reali e prende coscienza del fatto che proprio la sua corporeità gli impedisce di raggiungerli[32]. L’umorismo è invece l’atteggiamento sviluppato di conseguenza per affrontare il dolore derivato dall’ironia: risulta essere l’unica maniera di sminuirlo e dunque relativizzarlo[33].

In Zwischen neun und neun il mondo della realtà è effettivamente affiancato a quello della fantasia, dato che tutto quanto accade dalle nove alle nove è frutto dell’immaginazione di un morente, mentre i passaggi finali del romanzo trasportano il lettore nella realtà dei fatti. Come negli altri romanzi di Perutz, non si verifica però una continua oscillazione tra le due dimensioni, come in Hoffmann, ma piuttosto un passaggio netto tra di loro, che in questo caso avviene con la rivelazione finale. Solo i segnali di inaffidabilità narrativa menzionati sopra rappresentano un punto di fusione tra fantasia e realtà. Come osserva Cothran, la questione in Perutz si sposta inoltre sul piano psicologico, riflettendo gli interessi della sua epoca[34]: sembra che la labilità del confine dipenda esclusivamente dallo stato di coscienza del protagonista[35] e che non si tratti dunque di una condizione assoluta, come in Hoffmann. Ciò non toglie che Perutz abbia comunque rielaborato la realtà, producendone un’immagine fantastica attraverso la propria facoltà poetica – non potrebbe, altrimenti, rappresentare quanto accade nel cervello di un morente negli ultimi attimi della sua vita –, e dunque che la sua opera risponda al principio serapiontico.

Nel romanzo sono inoltre presenti parecchi esempi di ironia e umorismo: ironia della sorte – il destino si prende gioco di Demba, che sembra sempre in procinto di raggiungere il suo obiettivo in termini di denaro, senza poi mai riuscire ad averlo concretamente «tra le mani»[36] –, un umorismo dettato dall’assurdità della situazione, che crea una certa ilarità[37], e giochi di parole, sia legati al destino sia alle mani[38]. È però necessario chiedersi se tali elementi siano hoffmanniani, o se la loro presenza risponda ad altre esigenze. Demba cerca di raggiungere i suoi obiettivi – il denaro, l’amore e la libertà, sia dalle manette, sia dalle pressioni sociali – con tutte le sue forze, ma le sue aspettative non possono corrispondere alla realtà, e ciò è chiaro sia al lettore, sia all’amica Steffi che, davanti al resoconto di Demba nel capitolo 8, gli rende esplicito il suo stupore[39]. La realtà, infatti, è avversa al protagonista del romanzo, ed è proprio il suo corpo a impedirgli di raggiungere i suoi obiettivi: le manette rappresentano un vincolo fisico e simbolico per Demba, che non può concretamente compiere alcune azioni, come afferrare il denaro, proprio perché ha le mani legate; esse rappresentano però anche la mancanza di libertà, le pressioni della società e l’impossibilità di essere accettato da quest’ultima. Dunque, in questo senso Zwischen neun und neun risponde perfettamente all’ironia hoffmanniana perché viene rappresentata una dissonanza tra l’io e il mondo, tra i desideri dell’essere umano e il suo ineluttabile legame con la fisicità della vita quotidiana. Dopotutto, fu Perutz stesso a estendere il tragico destino di Stanislaus Demba e l’insuperabile dualismo tra realtà e fantasia all’intera umanità; in una delle rare interviste da lui rilasciate, dichiarò infatti:

Der Entwicklung der Dinge muß ich es zuschreiben, daß, wenn ich heute dieses Buch in die Hand nehme, ich den Eindruck habe, daß das Leben Stanislaus Dembas nicht das Schicksal eines einzelnen ist, sondern daß es mir als das Symbol der in Schlingen verstrickten und in Ketten geschlagenen Menschheit erscheint.[40]

Il culmine di questa dissonanza è rappresentato inoltre dal finale del romanzo, un momento di amara ironia: è solo con la morte che Demba sembra poter raggiungere l’oggetto del suo desiderio, la libertà – dopo innumerevoli tentativi di liberarsene, le manette si rompono solamente con il salto dalla finestra, con la morte. Di conseguenza, gli elementi di carattere umoristico presenti nel romanzo rispondono alla strategia che l’io può adottare per affrontare e accettare tale dissonanza: infatti, se da una parte il finale è amaro per il lettore, dall’altra il destino di Demba apparirà come più accettabile perché associato a una serie di elementi che rendono possibile la gestione di questo dolore, trasformandolo in risate.

3. Arthur Schnitzler

Tra le lodi e le critiche mosse a Zwischen neun und neun dai contemporanei di Perutz, particolarmente interessante è il commento dell’amico Ernst Weiß, il quale, dopo aver descritto il romanzo con entusiasmo, afferma: «Einen kleinen technischen Zweifel erweckt in mir der Schluß, der nicht befreit, sondern schnitzlerisch resigniert [sottolineatura di chi scrive] klingt […]. Aber ich weiß auch bei diesem Zweifel nicht, wieweit mich persönliche Gefühle leiten»[41].

Sebbene le affermazioni di Weiß siano dichiaratamente soggettive, è comunque plausibile che Schnitzler sia stato una fonte di ispirazione per Perutz nella stesura del romanzo. Egli lo ammirava molto, e nel 1908, in occasione del conferimento del Grillparzer-Preis all’autore viennese, aveva avuto l’occasione di scrivere un articolo su di lui, dal quale emerge un forte entusiasmo nei suoi confronti[42]. Sulla scia del commento di Weiß, sono parecchie le opere di critica letteraria che accennano a un confronto tra i due autori, sottolineando come richiami alla tecnica e allo stile narrativo tipici di Schnitzler si ritrovino in diverse opere di Perutz[43], tra cui anche Zwischen neun und neun.

La prima evidente influenza schnitlzeriana sul romanzo riguarda le tecniche narrative: Schnitzler, maestro della narrazione psicologica, fu il primo a servirsi dell’innerer Monolog[44], che consente di dare forma al tema della crisi dell’io e allo stesso tempo di criticare l’ipocrisia della società e i valori su cui si fonda, rompendo alcuni dei tabù più inviolabili. È proprio tramite questa tecnica che egli mette in relazione l’io e la norma, la psicologia e la morale[45]. Inoltre, è a lui che dobbiamo l’introduzione della erlebte Rede nella letteratura di lingua tedesca, e in questo senso l’impiego di questa tecnica da parte sua, in combinazione con l’innerer Monolog, è particolarmente importante e influenza altri autori della stessa area linguistica[46].

Come osserva Lüth, Perutz è senza dubbio influenzato da queste tecniche, e sono in particolare i suoi primi romanzi a mostrarne un impiego frequente[47]. Tra questi, anche Zwischen neun und neun, nel quale esse vengono utilizzate in diverse modalità. Innanzitutto, Perutz si serve spesso della erlebte Rede per mostrare il pensiero di alcuni dei personaggi del sogno[48] – il che è particolarmente interessante perché il livello diegetico dell’intero racconto, tolte le pagine della rivelazione finale, è già una Innensicht su Demba. Il narratore alterna però momenti di Außensicht a momenti di Innensicht su diversi personaggi della visione per creare l’illusione che tutto quanto narrato appartenga alla convenzionale realtà della finzione narrativa: si tratta di una strategia di Unzuverlässigkeit des Erzählens.

Anche i pensieri di Demba come protagonista del sogno vengono riportati tramite questa tecnica e, più raramente, tramite il monologo interiore. Come osserva Lüth, le due tecniche servono spesso a rappresentare una Grenzsituation des Bewußtseins in Demba[49], mettendo in evidenza la situazione che lo fa soffrire e intorno alla quale ruota l’intero romanzo: la sua assidua ricerca della libertà dalle pressioni sociali che lo affliggono in quanto outsider e i comportamenti che egli ha di conseguenza, fino a rasentare la follia. Analogamente a Schnitzler, quindi, anche Perutz si serve spesso delle due tecniche per unire il tema della frammentazione dell’io alla critica sociale[50].

Il monologo interiore assume inoltre un ruolo cruciale nella struttura del romanzo di Perutz: esso viene impiegato per segnalare al lettore il punto di svolta finale, culmine della crisi dell’io di Stanislaus Demba e della sua ricerca di libertà e accettazione sociale. Si tratta infatti del momento in cui egli si risveglia dalla visione e si trova in fin di vita dopo il suo tentativo di suicidio – passaggio tramite il quale viene rivelato al lettore il vero piano ontologico al quale tutto quanto narrato fino a quel momento appartiene: «Verdammt! Der Malzgeruch! Wie kommt der furchtbare Malzgeruch hierher? Eine Turmuhr schlägt. Neun Uhr! Morgens? Abends? Wo bin ich? Wo war ich? Wie lange steh’ ich schon hier und hör’ die Turmuhr schlagen? Zwölf Stunden? Zwölf Sekunden?»[51]. La scelta di utilizzare questa tecnica per narrare il passaggio più importante del romanzo dimostra ulteriormente il forte impatto della narrazione schnitzleriana su Perutz.

Il commento di Ernst Weiß su Zwischen neun und neun suggerisce inoltre un’indagine dell’influsso di Schnitzler su Perutz anche in ambito tematico: il finale del romanzo era stato definito schnitzlerisch resigniert da Weiß[52] in riferimento all’atteggiamento disilluso di molti dei personaggi schnitzleriani. La maggior parte di essi tende effettivamente ad accettare la propria sconfitta con rassegnazione; è il caso, ad esempio, del Professor Bernhardi, protagonista dell’omonima commedia del 1912 – periodo oscuro e difficile per Schnitzler stesso, che riflette la sua preoccupazione nella propria opera letteraria[53]. Anche il romanzo di Perutz, scritto proprio negli stessi anni, presenta questo atteggiamento rassegnato: il personaggio di Demba è senza dubbio un individuo solo nella vita moderna, nel mezzo di una società che non accenna ad includerlo. Se il motivo per il quale egli cerca di togliersi la vita sembra essere il fatto che la polizia gli è alle calcagna e che andrà in prigione, in realtà è il suo desiderio di libertà a spingerlo verso questo gesto estremo[54]. È vero che egli risulta essere un Kämpfer per l’intera vicenda – e dunque, non si rassegna effettivamente al suo destino, nonostante esso gli sia ineluttabilmente avverso –, ma è altrettanto vero che, alla fine del romanzo, egli verrà sconfitto, e dovrà arrendersi:

Seine Augen irrten ruhelos durch die Straßen der Stadt, schweiften über Gärten und Plätze, tauchten unter in der brausenden Wirrnis des Daseins, stürmten Treppen hinauf und hinunter, glitten durch Zimmer und durch Spelunken, klammerten sich noch einmal an das rastlose Leben des ewig bewegten Tages, spielten, bettelten, rauften um Geld und um Liebe, kosteten zum letztenmal von Glück und Schmerz, von Jubel und Enttäuschung, wurden sehr müde und fielen zu [sottolineature di chi scrive].[55]

È ovviamente necessario considerare che questa vicinanza nell’atteggiamento non collega direttamente Perutz a Schnitzler: essendo contemporanei, avendo vissuto una serie di eventi storici nello stesso contesto culturale e sociale – la Prima guerra mondiale e la caduta dell’Impero austro-ungarico –, è probabile che la reazione degli autori rappresenti semplicemente una tendenza generale alla rassegnazione, tipica della propria epoca. È altrettanto vero però che l’ammirazione di Perutz per Schnitzler era dichiaratamente molto forte – dunque, nonostante non sia possibile tracciare un parallelo diretto tra Zwischen neun und neun e Schnitzler sotto questo punto di vista, è comunque probabile che l’autore abbia subìto l’influsso di colui che era una fonte di ispirazione, un modello, ai suoi occhi, non solo dal punto di vista delle tecniche narrative, ma anche dell’atteggiamento dei personaggi e delle tematiche delle sue opere.

4. Conclusioni

Nel lodare i romanzi storici di Perutz, Richard Beer-Hoffmann sottolinea come l’autore «mit echtem antikem Material moderne Häuser [baut]»[56]. Questa riflessione si potrebbe qui estendere metaforicamente al rapporto tra l’autore e i suoi modelli di riferimento: sembra infatti chiaro che sia la sua poetica, sia specificamente il romanzo Zwischen neun und neun, mostrino l’influenza dei grandi autori presi in esame; Perutz non si limita però a una mera, epigonale riproduzione di alcune delle loro tecniche, tematiche e strutture, ma piuttosto le rielabora in maniera originale e personale. Si lascia dunque ispirare dall’enigmaticità e dai paradossi kleistiani per dare voce alla sua propria concezione edonistica della letteratura; l’ostinazione ereditata dai personaggi di Kleist, insieme all’ironia e all’umorismo serapiontici hoffmanniani, gli consente di esternare la sua crescente preoccupazione verso il destino dell’umanità; le innovative tecniche narratologiche schnitzleriane gli permettono infine di indagare più a fondo la psiche umana e di dare forma alla crisi dell’io, riflettendo l’interesse novecentesco per questo ambito, ma anche di mettere in atto l’inaffidabilità narrativa e di segnalare la rivelazione finale del romanzo. Il loro impiego diviene così anche uno dei fulcri dell’enigmaticità perutziana.

L’autore si riallaccia dunque alla tradizione della letteratura di lingua tedesca, ma allo stesso tempo la supera esprimendo tramite la propria opera la sua personale visione della letteratura e del mondo. Si dimostra inoltre essere un autore della modernità sia come grande conoscitore della sua epoca, verso la quale esprime nel romanzo un parere definito – un forte pessimismo verso il destino e la libertà dell’intera umanità –, sia per l’esplorazione, tramite la rielaborazione di tecniche e strutture innovative, di temi indubbiamente novecenteschi quali la crisi dell’io – in particolare, la crisi esistenziale di un individuo che, nonostante incontri nell’arco di una giornata ogni gruppo sociale della Vienna dell’epoca, non trova rappresentanza in nessuno di essi, e anzi riconosce sempre più il suo statuto di outsider privato dalla società stessa della possibilità di affermare liberamente la propria identità.

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* Questo articolo è tratto dalla tesi di laurea magistrale di chi scrive, discussa presso l’Università degli Studi di Milano a novembre 2023, intitolata «Il romanzo Zwischen neun und neun di Leo Perutz: modelli di analisi» e realizzata sotto la supervisione della Professoressa Moira Paleari (relatrice) e del Professor Marco Castellari (correlatore).

[1] Leo Perutz, Zwischen neun und neun [1918], München, Deutscher Taschenbuch Verlag, 2004.

[2] La struttura del romanzo è descritta da Matías Martínez come retrograder Überraschungsroman, una variante del proleptischer Rätselroman, costruzione analitica – ovvero una struttura in cui gli eventi non vengono narrati in ordine cronologico, ma piuttosto riportati secondo l’ordine in cui una Betrachterfigur li esperisce – caratteristica della maggior parte dei romanzi dell’autore e che prevede una cornice testuale con la presentazione dell’enigma nel Vorwort e la sua risoluzione nel Nachwort. Zwischen neun und neun non presenta tale Text­rahmen, ma piuttosto un’oscillazione di significato tra diversi Verstehensrahmen – per l’intero testo il lettore è convinto che quanto narrato appartenga al piano ontologico della realtà, ma il finale del romanzo ribalta la sua comprensione del testo e rivela che quanto accade dalle nove alle nove è solamente un sogno nella mente di Stanislaus Demba, morente. Cfr. Matías Martínez, Proleptische Rätselromane: Erzählrahmen und Leserlenkung bei Leo Perutz, in: Brigitte Forster, Hans-Harald Müller, Leo Perutz. Unruhige Träume – Abgründige Konstruktionen. Dimensionen des Werks, Stationen der Wirkung, Wien, Sonderzahl, 2002, pp. 107-129. La situazione è in realtà ancor più complessa di quanto descritto da Martínez, perché il romanzo contiene un ulteriore enigma che si estende per i suoi primi capitoli: Demba si aggira per Vienna senza poter fare uso delle mani, e al lettore non è chiaro cosa stia nascondendo – si tratta in realtà delle manette di cui non è riuscito a liberarsi dopo la fuga dai poliziotti. Questo enigma è presentato in maniera analitica, e avvicina così Zwischen neun und neun agli altri romanzi dell’autore per la Wie-Spannung che esso crea nel lettore.

[3] Si fa qui riferimento al concetto di intertestualità («der Bezug zwischen einem Text und anderen Texten») in senso stretto, più vicino al concetto di palimpsesto formulato da Genette («Unter einer ‘Schrift’ ist, wenn auch teilweise überdeckt, eine andere ‘Schrift’ erkennbar») che al più ampio concetto post-strutturalista per cui ogni testo è intertestuale in tutti i suoi elementi, cioè fa riferimento o è costituito da echi di altri testi. Cfr. Ulrich Broich, Intertextualität, in: Georg Braungart, Harald Fricke, Klaus Grubmüller, Jan-Dirk Müller, Friedrich Vollhardt, Klaus Weimar (ed.), «Reallexikon der deutschen Literaturwissenschaft. Neubearbeitung des Reallexikons der deutschen Literaturgeschichte. Band II», Berlin, Boston, De Gruyter, 2007, pp. 175-179.

[4] È interessante notare che proprio Heinrich von Kleist e E.T.A. Hoffmann furono grandi modelli di riferimento anche per Franz Kafka. Cfr. Manfred Engel, Bernd Auerochs (ed.), Kafka-Handbuch. Leben – Werk – Wirkung, Stuttgart, J.B. Metzler, 2010, p. 33. La sua vita presenta molte analogie con quella di Perutz – entrambi ebrei, nati a Praga rispettivamente nel 1883 e 1882, esercitavano la professione di attuari, e si trasferirono entrambi nel 1907 a Trieste per lavorare presso le Assicurazioni Generali. Cfr. Bernd Auerochs, Leo Perutz–ein moderner Klassiker der phantastischen Literatur, in: «Zeitschrift für deutschsprachige Kultur und Literatur» 25 (2016), pp. 223-245, pp. 224-225. Entrambi erano poi amici di Ernst Weiß. Cfr. Hans-Harald Müller, Leo Perutz. Biographie, Vienna, Paul Zsolnay Verlag, 2007, p. 9. Non sembra però che gli autori si conobbero mai: nonostante vi siano alcune analogie tra la loro poetica e le loro opere, sembra che esse siano dettate dai modelli di riferimento e dal contesto socioculturale comuni piuttosto che da una possibile influenza dell’uno sull’altro.

[5] Cfr. Lutz Danneberg, Einfluß, in: Georg Braungart, Harald Fricke, Klaus Grubmüller, Jan-Dirk Müller, Friedrich Vollhardt, Klaus Weimar (ed.), «Reallexikon der deutschen Literaturwissenschaft. Neubearbeitung des Reallexikons der deutschen Literaturgeschichte. Band I», Berlin, Boston, De Gruyter, 2007, pp. 424-427.

[6] «Comme tous les héros pérutziens, Joachim Behaim poursuit avec obstination une idée fixe, une raison qu’il se donne […], [une] obstination à faire valoir son droit [sottolineatura di chi scrive]». Cfr. Jean-Jacques Pollet, Chapitre 21. La reconnaissance de Judas: Lecture du Judas de Léonard, in: LINK, consultato il 03/03/2024.

[7] Jean-Jacques Pollet, Chapitre 19. L’énigme de l’obstination dérisoire, in: LINK, consultato il 10/03/2024.

[8] Cfr. Matías Martínez, Proleptische Rätselromane: Erzählrahmen und Leserlenkung bei Leo Perutz, pp. 109-110.

[9] Si veda nota 1.

[10] Matías Martínez, Proleptische Rätselromane: Erzählrahmen und Leserlenkung bei Leo Perutz, p. 119.

[11] Cfr. Hans-Harald Müller, Leo Perutz. Biographie, pp. 17 segg.

[12] Hans-Harald Müller riconosce la forte influenza di Heinrich von Kleist sull’opera di Perutz, come mostra chiaramente il racconto Gespräch mit einem Soldaten, pubblicato nel 1918, come Zwischen neun und neun. Cfr. ivi, p. 129: «Die erste Erzählung [von Perutz] […] zeigt im Eingang und Erzählduktus beispielhaft [sottolineatura di chi scrive] den tiefen Einfluß, den das Werk Heinrichs von Kleist auf Perutz ausgeübt hat».

[13] Michael Ott individua tre tratti principali della poetica kleistiana: «das Nebeneinander von ‘szenischer’ Genauigkeit [1] und scheinbarer Nachlässigkeit und Willkür [2], den durch ‘mühsamen’, komplizierten Periodenbau und Hypotaxen gekennzeichneten Erzählduktus [3]». Quest’ultima caratteristica manca sicuramente in Perutz, che propende per una certa semplicità sintattica. Cfr. Michael Ott, Erzählen und Erzählung, in: Ingo Breuer, Kleist-Handbuch. Leben – Werk – Wirkung, Stuttgart, J.B. Metzler, 2013, pp. 309-312.

[14] Leo Perutz, Zwischen neun und neun, p. 12.

[15] Ivi, p. 136.

[16] Cfr. Michael Ott, Erzählen und Erzählung, pp. 309 segg.

[17] Heinrich von Kleist, cit. in Michael Ott 2013, pp. 309-310.

[18] Cfr. Michael Ott, Erzählen und Erzählung, pp. 309 segg.

[19] Nel dialogo con Steffi nel capitolo 8 Demba ipotizza ad esempio di trovarsi in un sogno, morente, e che il suo corpo giaccia in realtà in un letto di ospedale: «‘Ja. Vielleicht träume ich’, sagte Demba leise. ‘Sicher ist alles nur ein Traum. Ich liege zerschlagen und zerfetzt irgendwo in einem Spitalbett, und du und deine Stimme und das Zimmer da, ihr seid nur ein Fiebertraum der letzten Minuten’.» (Leo Perutz, Zwischen neun und neun, p. 83). O ancora, raccontando del suo salto dalla finestra, il protagonista afferma: «Ich war wie vor den Kopf geschlagen» (ivi, p. 88) e allude così ai danni fisici che il suo corpo ripoterà in punto di morte – «aus einer Wunde am Hinterkopf floß Blut» (ivi, p. 211).

[20] Per esempio, nel capitolo 3 Demba afferma: «Aber ich war todmüde und die Füße schmerzten mich [sottolineature di chi scrive]» (Leo Perutz, Zwischen neun und neun, p. 31); nel capitolo 17 ci viene detto che «Er war totenblaß, der Wein strömte über sein Gesicht und blendete ihm die Augen [sottolineature di chi scrive]» (ivi, p. 194).

[21] Waltraud Wiethölter, Die Doppelrolle eines simplen Strichs. Wenn der Erzähler erzählt, ohne zu erzählen – Zu Kleists (Gedanken)Strichen, in: «Wissenschaftsmagazin der Goethe-Universität» 29 (2011), fasc. 2, pp. 58-60, p. 59.

[22] Heinrich von Kleist, Die Marquise von O…, in: id., Die Marquise von O…. Das Erdbeben in Chili, Stuttgart, Reclam, 1995, pp. 3-47, p. 5.

[23] Leo Perutz, Zwischen neun und neun, p. 100.

[24] Nel caso di Kleist, la famosa frase è preceduta dal periodo seguente: «[er] bot dann der Dame, unter einer verbindlichen, französischen Anrede den Arm, und führte sie, die von allen solchen Auftritten sprachlos war, in den anderen, von der Flamme noch nicht ergriffenen, Flügel des Palastes, wo sie auch völlig bewusstlos [sottolineatura di chi scrive] niedersank» (Heinrich von Kleist, Die Marquise von O…, p. 5); nel momento del fatto intorno al quale ruota l’intera vicenda, la Marchesa è priva di sensi – se fosse stata cosciente, la trama della novella non avrebbe potuto funzionare. Per quanto concerne Zwischen neun und neun, è Demba stesso a raccontare di essere svenuto: «‘Und dann?’ schrie Steffi Prokop. Sie hatte Demba an der Schulter gepackt und starrte ihn mit aufgerissenen Augen an. ‘Nichts’, sagte Demba. ‘Ich verlor das Bewußtsein [sottolineatura di chi scrive]’» (Leo Perutz, Zwischen neun und neun, p. 100).

[25] Cfr. Matías Martínez, Das Sterben erzählen, in: Tom Kindt, Jan-Christoph Meister (Hg.), Leo Perutz’ Romane. Von der Struktur zur Bedeutung, Tübingen, Niemeyer, 2007, pp. 23-34, pp. 33-34: «Die reale Unmöglichkeit, die Erfahrung des Sterbens erzählend mitzuteilen, führt uns zu einer letzten Überlegung über den Sinn der paradoxen Logik des Erzählens in Perutz’ Roman. Fiktionale Sterbegeschichten wie Zwischen neun und neun teilen dem Leser in hypothetischer Weise eine Erfahrung mit, die in der modernen Gesellschaft mehr und mehr ausgeblendet wurde: Sterben und Tod»..

[26] Leo Perutz, Brief an Professor Nadler (Deutsches Exil-Archiv der Deutschen Bibliothek, Frankfurt am Main), cit. in: Bettina F. Cothran, Der «Einbruch der E.T.A. Hoffmanschen Welt» in den Werken von Leo Perutz, in: «Mitteilungen der E.T.A. Hoffmann-Gesellschaft e.V». 36 (1990), pp. 36-47, p. 36.

[27] Ibidem.

[28] «Wer die Romane und Erzählungen Perutz’ liest, fühlt sicher die Nähe zu Hoffmann in Thematik und Gestaltung. Wenn Perutz eine Neigung zur Satire auch ablehnt, kann man doch oft bei ihm eine gewisse hintergründige, auch wohl ironische Doppelbödigkeit bemerken, die den Leser der spannenden Romane und Erzählungen bis zur letzten Seite fesseln […] Dem Stil ist dabei eine Bildhaftigkeit zu zeigen, die an die Forderung des sera­piontischen Prinzips erinnert [sottolineature di chi scrive]».. Cfr. Bettina F. Cothran, Der «Einbruch der E.T.A. Hoffmanschen Welt» in den Werken von Leo Perutz, p. 36.

[29] «Laßt uns nun dabei des Einsiedlers Serapion eingedenk sein! – jeder prüfe wohl, ob er auch wirklich das geschaut, was er zu verkünden unternommen, ehe er es wagt laut damit zu werden. Wenigstens strebe jeder recht ernstlich darnach, das Bild, das ihm im Innern aufgegangen recht zu erfassen mit allen seinen Gestalten, Farben, Lichtern und Schatten, und dann, wenn er sich recht entzündet davon fühlt, die Darstellung ins äußere Leben [zu] tragen. So muß unser Verein auf tüchtige Grundpfeiler gestützt dauern und für jeden von uns allen sich gar erquicklich gestalten. Der Einsiedler Serapion sei unser Schutz­patron, er lasse seine Sehergabe über uns walten, seiner Regel wollen wir folgen, als getreue Serapions-Brüder!». Cfr. E.T.A. Hoffmann, Die Serapionsbrüder. Erster Band, in: E.T.A. Hoff­mann. Poetische Werke. Fünfter Band, Berlin, Walter De Gruyter & Co, 1957, p. 62.

[30] Si veda ad esempio il racconto Der goldne Topf (1812): quando Anselmus si presenta a casa dell’Archivarius Lindhorst, il battente del portone sembra trasformarsi nell’Apfelweib (cfr. E.T.A. Hoffmann, Der goldne Topf. Ein Märchen aus der neuen Zeit, Stuttgart, Reclam, 2004, pp. 20-21); oppure, quando l’Archivarius si congeda da Anselmus, sembra che il suo cappotto lo faccia volare, che si sia trasformato in un uccello (ivi, p. 35).

[31] Da intendersi come quell’indecisione o irresolutezza che porta ad esitare davanti ad un evento che non sembra appartenere al nostro mondo, e dover decidere se questo evento è frutto della nostra immaginazione, oppure se si tratta di un evento che appartiene alla nostra realtà. Cfr. Tzvetan Todorov, Einführung in die phantastische Literatur, Berlin, Fischer, 1992, pp. 25 segg.

[32] Cfr. Andrej Schulz, Komik und Ironie, in: LINK, consultato il 09/03/2024: «Die Ironie nimmt bei Hoffmann zumeist eine erkenntnistheoretische Funktion ein; sie ist keine Haltung, sondern beschreibt die Dissonanz der Welt und ist somit Prinzip des Daseins: unversöhnliche Differenz zwischen Realität und Ideal, Welt und Fantasie, Alltag und Märchen».

[33] Cfr. ivi: «Erst der Humor ermöglicht den Umgang mit diesem Schmerz und wandelt den Schmerz ins Lachen um. Der Humor wird somit die Bewältigung der Ironie – Akzeptanz des Daseins in einer zerrissenen Welt».

[34] Cfr. Bettina F. Cothran, Der «Einbruch der E.T.A. Hoffmanschen Welt» in den Werken von Leo Perutz, p. 47: «Der ‘Einbruch der Hoffmannschen Welt’ wird zum psychologischen Phänomen umgedeutet und so in seiner Bedeutung eingeschränkt […] Als Kind des zwanzigsten Jahrhunderts aber und in einer Welt geboren, deren Aufschwung zum größten Teil auf Erkenntnissen der exakten Wissenschaften beruht und der der technische Fortschritt zum Gott geworden ist, bleibt Perutz in erstaunlichem Maße dem Glauben an eine Wirk­lichkeit verpflichtet, die hinter den Dingen liegt. Auch wenn bei Perutz diese Wirklichkeit zum Teil von den wissenschaftlichen Erkenntnissen seiner Zeit sowie seiner persönlichen religiösen Prägung beeinflußt ist, hat er aber den Glauben an eine solche Wirklichkeit wohl bei Hoffmann vorgebildet gefunden».

[35] Cfr. ivi, p. 44.: «Der wunderbaren Exkursion des Hoffmannschen Helden in eine bessere Welt, zuweilen auch vom Rausch beflügelt, steht bei Perutz zwar auch eine Exkursion gegenüber, die aber ihre Grenzen in der persönlichen, im Augenblick dringlichen Situation des einzelnen hat».

[36] Ad esempio, nel capitolo 5 non può firmare la notifica di una raccomandata contenente i soldi del romanzo che ha tradotto in polacco; nel capitolo 12 chiede a un compagno di restituirgli dei quaderni di appunti, che però sono andati perduti; allora, si fa mettere in tasca una busta con dei soldi in compenso, ma quando esce scivolano fuori dal cappotto. Un poliziotto prova a riconsegnargli la busta, ma Demba è costretto a fingere che non sia sua per non mostrare le manette. L’episodio più significativo rimane però quello del capitolo 15: coinvolto in una partita di Bukidomino, un gioco d’azzardo, Demba non può portare via le duecentosettanta corone vinte perché viene scambiato per un ladro, dato che si rifiuta di farsi ispezionare per non fare scoprire le sue manette ai giocatori.

[37] Ad esempio, nel capitolo 17, Demba si ritrova a cena con la compagnia di Sonja, e chiede al cameriere di servirgli una birra con una cannuccia: in questo modo, potrà bere senza mostrare le manette ai commensali. Tutti sono chiaramente stupiti dalla richiesta e si prendono gioco di lui, soprattutto perché Demba si inventa scuse assurde per giustificare questo comportamento.

[38] Per esempio, nel capitolo 14 Demba si guarda allo specchio prima di entrare a casa dei Becker, e si complimenta con se stesso, dicendosi: «‘Wirklich eine vortreffliche Idee’, sagte er, trat vor die Fensterscheibe und machte Verbeugungen gegen sein Spiegelbild. ‘Meine Anerkennung! Gestatten Sie, daß ich Ihnen die Hand drücke. Wie? Sie wünschen es nicht? Ich soll acht geben? Sie fürchten, der Verband könnte sich verschieben? Natürlich! Natürlich! Schade! Hätte Ihnen gern die Hand geschüttelt für die wirklich vorzügliche Idee!’ [sottolineature di chi scrive]». Cfr. Leo Perutz, Zwischen neun und neun, p. 150. Per altri esempi, cfr. Edward T. Larkin, Leo Perutz’s «Zwischen neun und neun»: Freedom, Immigrants, and Nomadic Identity, in: «Colloquia Germanica» 39 (2006), fasc. 2, pp. 117-141. Per i giochi di parole legati al destino e alla morte si veda nota 16.

[39] Cfr. Leo Perutz, Zwischen neun und neun, p. 90: «‘Stanie!’ sagte Steffi Prokop. ‘Ist das dein Ernst?’»

[40] Cfr. Perutz, appunti del 14.06.1915, cit. in H. Müller 2007, p. 109.

[41] Ernst Weiß, cit. in Müller 2007, p. 114.

[42] Müller afferma addirittura che Schnitzler era un «idolo» per Perutz. Cfr. Müller, Hans-Harald, Leo Perutz. Biographie, p. 43.

[43] Ad esempio, cfr. Reinhard Lüth, Leo Perutz und das Fin-de-Siècle. Zu den literarischen Anfängen des Romanautors Leo Perutz und ihren Wurzeln in der Wiener Literatur um 1900, in: «Modern Austrian Literature» 23 (1990), fasc. 1, pp. 35-53; Hans-Harald Müller, Formen und Funktionen des Fantastischen im Werk von Arthur Schnitzler und Leo Perutz, in: Lars Schmeink, Hans-Harald Müller, Fremde Welten. Wege und Räume der Fantastik im 21. Jahrhundert, Berlin, De Gruyter, 2012, pp. 355-362; Magdolna Orosz, Zerfall und Erinnerung: narrative Gestaltungen historischer Traumata in der österreichischen Literatur, in: «Neohelicon» 45 (2018), pp. 97-111.

[44] Tecnica che rinuncia a qualsiasi istanza narrativa, e cerca di annullare la distanza tra il pensiero del personaggio e il lettore, essa fu introdotta da Schnitzler con la pubblicazione della novella Lieutenant Gustl, nel 1900, e costituì un grande scandalo per il pubblico. Cfr. Michael Scheffel, Narrative Modernität: Schnitzler als Erzähler, in: Christoph Jürgensen, Wolf­gang Lukas, Michael Scheffel (ed.), Schnitzler-Handbuch. Leben – Werk – Wirkung, Stuttgart, J.B. Metzler, 2014, pp. 299-305, pp. 301-302: «Mit Hilfe der literarischen Technik des Inneren Monologs hebt Schnitzler in Lieutenant Gustl […] die Grenze auf, die im sozialen Leben Innen und Außenwelt trennt, und offenbart den Durchschnittscharakter und die Minderwertigkeitskomplexe einer auf dem Prinzip der Verdrängung eigener Ängste und der Aggression gegen seine Geschlechtsgenossen aufgebauten Existenz. Die Ideale von Ehre und Männlichkeit […] erscheinen im Rahmen des von Schnitzler in Szene gesetzten Bewusstseinsprozesses als ein ungedeckter Wechsel, eine hohle Hülle, die sich letztlich auf äußere Attribute wie das Tragen einer Uniform und eines Säbels reduziert».

[45] Cfr. Wolfgang Lukas, Paradigma der Moderne I: Norm- und Subjektkrisen, in: Christoph Jürgensen, Wolfgang Lukas, Michael Scheffel (ed.), Schnitzler-Handbuch. Leben – Werk – Wirkung, Stuttgart, J.B. Metzler, 2014, pp. 327-337, p. 327: «Dabei geht es Schnitzler aber niemals nur um Sozialkritik, sondern primär um die Relation zwischen Subjekt und Norm, zwischen Psychologie und Moral: Wie, auf welche Weise sind die jeweiligen Werte und Normen im Subjekt verankert, und unter welchen individualpsychologischen Bedingungen erweisen sie sich als (nicht) durchsetzbar bzw. (nicht) lebbar?».

[46] La maggior parte dei critici letterari è concorde nell’attribuire la paternità della tecnica al francese Édouard Dujardin, con il suo romanzo Les lauriers sont coupés, ma Schnitzler si rende portatore dell’innovazione nella letteratura di lingua tedesca. Cfr. Tatyana Mikhailovna Dubakh, Schnitzlers Prosa in der Kultur der Wiener Moderne, in: «Филологический класс» 54 (2018), fasc. 4, pp. 143-147, p. 145.

[47] Reinhard Lüth, Leo Perutz und das Fin-de-Siècle, p. 44.

[48] Ad esempio, nel capitolo 1 vengono riportati i pensieri di Frau Püchl tramite la erlebte Rede: «Aber während sie [Frau Püchl] das Schnapsglas füllte, kam ihr plötzlich ein Gedanke, der sie mit Besorgnis erfüllte. Der Mensch hatte sich so merkwürdig benommen. Zuerst hatte er solche Eile gehabt, und dann war er nicht aus dem Laden herauszubringen gewesen. Hatte herumstudiert und herumspioniert, wie nicht recht gescheit, und am Ende hatte er es auf das Geldladl abgesehen. Vierzehn Kronen waren drin und die Korallenkette, dann zwei Ringe mit Türkisen, das Sparkassabüchl von der Katherl und zwei Heiligenbilder aus Maria-Zell! […] Natürlich! Der Laden war leer! Der feine Herr hatte sich aus dem Staube gemacht. Da haben wir’s! Vierzehn Kronen! Das schöne Geld! […]». Cfr. Leo Perutz, Zwischen neun und neun, pp. 11-12. O ancora, nel capitolo 4 vengono riportati i pensieri di Sonja: «Stanislaus Dembas Besuch kam Sonja nicht unerwartet. Da Demba nun einmal von ihrer beabsichtigten Reise erfahren hatte – weiß Gott, wer ihm davon erzählt haben mochte – so war mit Sicherheit zu erwarten gewesen, daß er kommen und den Versuch machen werde, Sonja zurückzuhalten». Cfr. ivi, p. 48.

[49] Cfr. Reinhard Lüth, p. 45: «Die psychische Verfassung Dembas, seine extremen Bewußtseinsvorgänge, die ihn als gesellschaftlichen Außenseiter, der das Leben in seinen Konventionen als Gefängnis schlechthin empfindet, charakterisieren, werden durch diesen momentanen Einsatz von Erlebter Rede und Innerem Monolog dem Leser intensiv und unmittelbar nachvollziehbar gemacht».

[50] Un esempio di erlebte Rede che mostra chiaramente la frammentazione dell’io in Demba è rappresentato dal momento in cui, nel capitolo 18, gli amici di Sonja credono che egli abbia un revolver tra le mani – in realtà, non è vero: è Sonja ad esserne convinta e ad averlo detto loro perché, la mattina, ha intravisto un luccichio metallico sotto alla giacca del protagonista – e quest’ultimo arriva a credere a sua volta di poter utilizzare l’arma per vendicarsi delle offese da loro subìte. Cfr. Leo Perutz, Zwischen neun und neun, pp. 202-203: «Sollte er gehen und denen dort ihr Leben schenken? Daß sie, wenn er zur Tür hinaus war, ihn wieder verlachten oder verhöhnten wie zuvor? Nein, sie sollten nicht lachen. Keiner durfte lebendig aus dem Zimmer. Keiner. Und er sah sich im Geiste mit hoch erhobenem Revolver vor die drei hintreten und Schuß auf Schuß in totenblasse Gesichter feuern. […] Horvath. Ja. Der mußte der erste sein. Nie hatte er ihn leiden mögen. In seinem Innern begann er mit Horvath noch einen letzten Zank auszutragen. Dieser hochnasige Flegel!».

[51] Ivi, p. 211.

[52] Ernst Weiß, cit. in Müller 2007, p. 114.

[53] Il Professor Bernhardi è da considerarsi come «antieroe della rassegnazione in quanto esprime col suo comportamento l’impossibilità di trasformare il mondo e l’impotenza del singolo di fronte alla brutalità dell’esistenza sociale». Si tratta, dunque, di un personaggio chiave dell’opera di Schnitzler, perché introduce un periodo di crisi personale per l’autore: «fra il 1910 e il 1920 – sono gli anni terribili che decretano storicamente il ‘Finis Austriae’ e il crollo delle illusioni e delle speranze – matura nell’autore un processo di autoriflessione e di analitica introspezione che determina una svolta nella sua tematica. […] si orienta verso un tipo di indagine realistico-esistenziale, che riproduca la condizione di alienante solitudine dell’individuo nella vita moderna». Cfr. Giuseppe Farese, Tramonto dell’io e coscienza della fine in Arthur Schnitzler, in: id., Arthur Schnitzler e il suo tempo, Milano, Shakespeare & Company, 1983, pp. 24-33, p. 26.

[54] Cfr. Leo Perutz, Zwischen neun und neun, p. 99: «Und ich sah, wie reich ich gewesen war bei all meiner Armut, daß ich Souverän meiner Zeit gewesen war, es wurde mir deutlich, wie nie zuvor, was das zu bedeuten hat: Freiheit. Und jetzt war ich gefangen, war ein Sträfling, die Schritte, die ich in der engen Dachkammer zwischen dem Gerümpel machte, waren meine letzten freien Schritte. Mir schwindelte, es gellte mir in den Ohren: Freiheit! Freiheit! Freiheit! Das Herz wollte mir bersten vor dem einen Wunsch: Freiheit! Nur noch einen Tag Freiheit, nur noch zwölf Stunden Freiheit! Zwölf Stunden! – und dabei hörte ich die Polizisten am Türschloß arbeiten, gleich waren sie da, es gab keine Rettung, und da beschloß ich, mich nicht fangen zu lassen und lieber zu sterben».

[55] Ivi, pp. 211-212.

[56] Richard Beermann-Hoffmann, cit. in Hans-Harald Müller 2007, p. 76.