Abitare la lingua maternale. Appunti sulla poesia

Autori

  • Stefano Raimondi

DOI:

https://doi.org/10.13130/2037-2426/12600

Parole chiave:

poesia, maternale, convocazione, lingua, linguaggio, modulanza

Abstract

Le parole nel poema narrano il loro tentativo di farsi comprendere e nella loro espressività diventano appigli per una comprensione lirica. Ma per fare in modo che ciò sia possibile, il poeta deve «sapere» di loro, della loro natura; conoscere la loro impronta, il loro carattere, la loro postura ma soprattutto comprendere da dove arrivino e da chi, oltre che da che cosa. Bisogna, come ebbe a dire più volte Antonio Porta, «mettersi a bottega», cioè entrare in un'officina scritturale operativa, dove la materia e il materiale sanno come essere compresenti sul tavolo della lingua e del linguaggio, sparsi e impilati tra gli attrezzi del mestiere che, ogni poeta dovrebbe possedere e saper adoperare. Il “mestiere” del poeta è un dedicare tempo alla parola, e il «compito» della poesia è restituirla rigenerata/reinventata dalla propria lingua maternale. Qui la lingua poetica deve farsi più aderente a ciò che si dovrà portare alla luce, a ciò che dovrà mostrare: far vedere. Pensare in poema significa anche rimanere connessi al «luogo dell'elaborazione», in quell'esatto punto in cui la lingua e il linguaggio si installano tra l'esperienza e la sua decifrazione in parola. In tutto ciò la parola esperisce la vita che gli verrà concessa. Essa saprà rendere ciò che gli è stato dato.

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Pubblicato

16-12-2019

Come citare

Raimondi, S. (2019). Abitare la lingua maternale. Appunti sulla poesia. ENTHYMEMA, (24), 459–471. https://doi.org/10.13130/2037-2426/12600

Fascicolo

Sezione

Poesia e psicoanalisi – A cura di M. Bonazzi, F.A. Clerici e R. Maletta