Semiosi e colonialità in Palestina Riflessioni decoloniali sulla guerrilla visuale contro il muro israeliano
DOI:
https://doi.org/10.13130/2035-7680/15551Parole chiave:
Palestina; muri; pensiero decoloniale; colonialità; semiosi visualeAbstract
Il presente saggio prova ad affrontare la questione palestinese sul terreno
dell’attivismo artistico (artivismo), che attraverso una miriade di graffiti (fra cui quelli di
Banksy, Joy van Erven e Blu), offre una sorta di contro-semiosi dentro la colonialità del
potere (Quijano), nel tentativo di sgretolare simbolicamente il muro israeliano. Questo
confine-muro diventa una herida abierta che sanguina, per dirla con Gloria Anzaldúa,
del sangue del sud del mondo costretto a scontrarsi a mani nude contro i muri del
nord del mondo, essendo Israele un prodotto di quest’ultimo (Said, Question). Questo
confine-muro diventa “globale” nella misura in cui la defence barrier, come la chiamano
gli israeliani, o l’apartheid wall, come lo chiamano gli attivisti internazionali, è diventata
una sorta di tela globale su cui si combatte una guerrilla visuale transnazionale, che
qui viene interpretata con le lenti del pensiero decoloniale e dal punto di vista della
tradizione degli oppressi (Walter Benjamin).
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