Le amnistie di Dikaia e il giuramento nella riconciliazione post-stasis
DOI:
https://doi.org/10.54103/1128-8221/19928Parole chiave:
amnistia, Dikaia, riconciliazione, statisAbstract
Il termine ‘amnistia’ è divenuto, nella storia degli studi, sinonimo esclusivo del celeberrimo provvedimento ateniese del 403 a.C., redatto dal re spartano Pausania II in collaborazione con dieci o quindici arbitri. La pluralità di fonti documentarie in merito a tale evento, che segnò profondamente la storia di Atene, spinge nella direzione di un’interpretazione a senso unico dell’istituto dell’amnistia, definibile come la proibizione a perseguire in giudizio i responsabili dei crimini commessi nel periodo della tirannide dei Trenta (404/3 a.C.). Sarebbe opportuno, tuttavia, abbandonare tale concezione atenocentrica in favore di una visione più allargata, volta a interpretare il modello ateniese come l’exemplum più illustre – o, quantomeno, meglio documentato – nell’ambito di un fenomeno tutt’altro che univoco che, a partire dalla seconda metà del V secolo, interessò svariate poleis del mondo greco. L’attenzione preminente dedicata al caso ateniese nella letteratura critica è senz’altro frutto di una ricostruzione che si è calcificata nel corso dei decenni – ciò in virtù dell’abbondanza delle fonti sul caso ateniese contro un’estrema scarsità di documentazione sugli altri casi – ma che, al tempo dei Greci, non sarebbe apparsa forse corrispondente alla realtà. Di recente, uno sforzo in tal senso è stato compiuto da Martin Dreher in un significativo contributo del 2013, in cui lo studioso prospetta un catalogo di tutti i casi noti di amnistia del mondo greco: esso costituisce il punto di partenza ideale per una ricerca estensiva sull’amnistia.
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