The Challenge of Authenticity. Music, Plagiarism and the Digital Age
DOI:
https://doi.org/10.13130/2465-0137/15838Parole chiave:
Aesthetic Appreciation, Authenticity, Plagiarism, Digital technologiesAbstract
Quando morì di cancro, nel giugno 2006, la pianista inglese Joyce Hatto fu salutata dalla stampa come un genio della musica. Nei trent’anni precedenti, nonostante la malattia, si era dimostrata capace di padroneggiare un repertorio incredibile, tale da includere quasi tutta la letteratura esistente per pianoforte. Prodigio della terza età, Hatto sembrava meritare un posto d’onore negli annali della musica classica. E lo ottenne, in effetti – ma come plagiatrice. Le registrazioni di Hatto, tutte false e rubate ad altri interpreti, hanno dato origine a uno dei più grandi scandali della storia della musica.
Ma perché rifiutiamo il plagio? In questo articolo sostengo che il nostro rifiuto del plagio, lungi dall’essere solo una questione di valori culturali o sentimentali, ha a che fare con la nozione stessa di arte come una speciale forma di realizzazione umana. Falsificazione e plagio, quando non vengono rivelati, suscitano infatti la nostra ammirazione attraverso una forma di inganno: essi mascherano il risultato finale. Dati i progressi nel campo dell’alterazione digitale del materiale audiovisivo, tuttavia, in futuro potrebbe verificarsi una crescente confusione riguardo a ciò che consideriamo falso. Può la tecnologia indurci a rivedere la nostra visione dell’autenticità musicale?
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