Abstract
Tra la fine del Settecento e la prima metà dell’Ottocento i temi della musica, del ballo e del vino – interpretati secondo diverse declinazioni – furono spesso soggetto favorito di vedute, scene di genere e ritratti dei costumi popolari associati alle province del Regno di Napoli. Tra i distretti vicereali, l’Abruzzo – malgrado le avverse condizioni del territorio e la particolare posizione geografica – godette di un particolare interesse da parte dei viaggiatori di età romantica e preromantica. I resoconti dei Grand Tour tratteggiano un ambiente in cui gli episodi di mero folclore risultano marginali e, in ogni caso, sempre inseriti entro contesti rurali e naturalistici. Per contro, l’immaginario partenopeo sembrava adeguarsi maggiormente ad una certa sensibilità internazionale, le cui istanze richiamavano scenari deliziosi e ideali momenti di svago collettivo ambientato nelle piazze e nei sobborghi cittadini. In queste occasioni rivestivano particolare importanza le chitarre, i violini e gli strumenti a percussione, menzionati nei racconti e rappresentati di frequente nelle iconografie. Diversamente da quanto accadeva nel capoluogo, in Abruzzo le occasioni della musica e del ballo sono spesso separate da ogni elemento associato al vino, a cui, per contro, sono riservati tempi e spazi definiti. Sebbene, in taluni casi, nei soggetti raffigurati si percepisca una timida spinta all’abbandono, questi elementi sono più spesso accostati ai motivi del lavoro e dell’otium dopo la fatica, pertanto, piuttosto lontani dagli idilli e dagli eccessi del capoluogo almeno sino alla seconda metà del XIX secolo. Attraverso il confronto tra le impressioni dei costumi popolari napoletani e quelli della provincia abruzzese, l’indagine mira a definire alcuni aspetti legati ai rapporti tra centro e periferie vicereali nell’ultima fase dell’età moderna.
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