Crimini contro la legge e leggi criminali. Porte aperte di Leonardo Sciascia, tra letteratura e cinema
DOI:
https://doi.org/10.13130/2035-7680/7185Abstract
La complessità del rapporto tra individuo e legge è la problematica centrale nella
riflessione di Porte aperte (1987), uno degli ultimi romanzi di Leonardo Sciascia. La
vicenda prende le mosse da un fatto di cronaca nera: un triplice omicidio nella
Palermo del 1937, in fascismo imperante. L’assassino è un ex impiegato di una
corporazione, ampiamente colluso con il potere e poi improvvisamente licenziato: il
suo perverso disegno di vendetta colpisce la moglie, il collega che lo ha sostituito e
l’avvocato Bruno, fascista ben noto in città e responsabile dell’ufficio in cui l’omicida
aveva lavorato. Porte aperte guarda prevalentemente al processo che seguì i fatti;
protagonista del romanzo diviene così il “piccolo giudice” chiamato in corte d’assise a
far parte della giuria come membro togato, che, contro le pressanti aspettative del
regime, dei suoi superiori e dell’opinione pubblica, riesce a evitare la condanna a
morte dell’imputato, anche grazie alla sensibilità e al coraggio di un agricoltore
autodidatta e illuminato, ora giudice popolare, assolutamente estraneo al minaccioso
clima di propaganda che esige una sentenza esemplare, e intimamente deciso alla
difesa di un diritto naturale e non negoziabile.