Novelle italiane antiche nella tradizione manoscritta: contenuto, struttura e genealogia del cod. Firenze, BNCF II III 343
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Abstract
Un significativo corpo di novelle due-trecentesche ha circolato per iscritto nei primi secoli della letteratura in volgare in forme diverse, prima di essere recuperato e sistemato nel Cinquecento su iniziativa di Pietro Bembo e Carlo Gualteruzzi, a cui si deve l’edizione antologica intitolata per l’occasione Le cento novelle antiche, ormai nota come Novellino. L’articolo verte su uno dei testimoni delle novelle, il quattrocentesco codice II III 343 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze: una compilazione contenente una serie di Vite di filosafi, una cinquantina di novelle del Novellino e infine dieci novellette non attestate altrove. Si dimostra qui l’importanza del ms. sia sul piano ecdotico, tra i testimoni del Novellino, sia in sé come antologia di copista. Anche se è un codice relativamente tardo e ha solo alcune delle novelle antiche, alla luce dello stemma codicum si rivela prezioso per ricostruire la complessa storia della loro circolazione nelle raccolte: esso conserva significative tracce della prima redazione di un’antologia trecentesca perduta – a sua volta cavata da un antico Libro di novelle d’autore, o Ur-Novellino – e nello stesso tempo mostra l’intraprendenza di un copista che ha assemblato una sua personale silloge sulla base di altre compilazioni. Si ha un’ul- teriore conferma sia del ruolo attivo avuto dai copisti-compilatori nel tramandare l’antico patrimonio novellistico in volgare, sia del fatto che la novella si sia andata codificando come genere letterario nelle antologie, fino alla monumentale collezione «bembiana-gualteruzziana».
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