Agata Calcagno, «El libro delle Cento Parole di Ptholommeo». Saggio di edizione critica del volgarizzamento fiorentino del «Centiloquium» pseudo-tolemaico (Biblioteca di Carte Romanze, Series minor, 2)

Il Καρπός pseudo-tolemaico (Kitāb al-Thamara in arabo, Centiloquium o Liber fructus in latino) è una nota raccolta di cento aforismi astrologici le cui origini restano tuttora piuttosto dibattute: le proposte degli studiosi, a questo proposito, si muovono entro un arco cronologico piuttosto ampio che va dal III al X secolo. La fortuna di questa silloge astrologica in età medievale inizia nel XII sec., quando la versione araba del matematico e astrologo egiziano Abū Ja᾿far Aḥmad ibn Yūsuf ibn al-Dāya (X sec.) verrà tradotta in latino da alcune delle più importanti figure di traduttori di opere scientifiche dall’arabo in latino nel Basso Medioevo, ed è destinata a crescere ulteriormente nel XIV e XV sec, quando diventerà uno dei testi fondamentali all’interno del curriculum di studi astronomici in molte università europee. El Libro delle Cento Parole di Ptholommeo è tràdito all’interno del ms. Pal. 641 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, codice pergamenaceo del XV secolo. Nello specifico si tratta di una traduzione in volgare fiorentino della versione latina del Centiloquium realizzata dall’astronomo e matematico Platone di Tivoli, attivo a Barcellona tra il 1134 e il 1145, versione attestata da più di cento mss.


ISBN: 9788855261968


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Fictio, falso, fake. Sul buon uso della filologia (Biblioteca di Carte Romanze, 13)

Il presente volume raccoglie i saggi di Speranza Cerullo, Luciano Formisano, Claudio Lagomarsini, Paolo Maninchedda, Paolo Squillacioti e Riccardo Viel dedicati al tema del falso e della falsificazione nella tradizione letteraria italiana e romanza e nella società contemporanea, nati intorno all’esperienza della Summer School di Urbino del luglio 2019 dedicata a questo tema. L’evento urbinate, terza edizione del ciclo Costruire l’Europa, ha concluso il progetto che per tre anni ha posto a denominatore comune delle sue riflessioni un tema da sempre caro alla filologia romanza: l’idea di un’Europa vista nei suoi fondamenti culturali, letterari e linguistici.


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Il volgarizzamento veneto della «Vita rhytmica Mariae atque Salvatoris» secondo il ms. Oxford, Bodleian Library, Canon. It. 280 (Biblioteca di Carte Romanze, 17)





Si pubblica il volgarizzamento veneto del poema latino Vita Rhythmica Mariae atque Salvatoris, conservato nel manoscritto Oxford, Bodleian Library, Canon. It. 280, databile alla seconda metà del sec. XV. Sulla base dell’analisi linguistica e contenutistica, per la prima volta si può scorgere in esso, come negli altri manoscritti rinvenuti, una tradizione veneta dipendente dall’opera latina assai diffusa in area germanica, che lo caratterizza come un testimone dell’intensa attività culturale tra l’Italia settentrionale e il mondo transalpino di quel secolo. L’edizione del ms. è corredata, oltre che da osservazioni filologiche e linguistiche, da puntuali note critiche, che rinviano ai testi eterodossi costituenti la base della fonte remota, ed anche ad opere ibride, a loro volta provenienti da narrazioni della tradizione greco-latina; ne risulta una ricca silloge di testi apocrifi intrecciati con i canonici, di leggende e di narrazioni rivolte al vasto pubblico di credenti soprattutto attraverso le omelie. Si possono qui indicare, come esempi, le tribolazioni di Gioachino e di Anna precedenti la nascita di Maria, la vita monacale di Maria bambina al tempio, le vicende infantili di Gesù in famiglia e nella società a lui contemporanea, le morti di Pilato e di Nerone, la lunga esposizione della Vindicta Salvatoris e infine il Transitus Mariae, per non citare che i più noti. Una particolarità è data dall’indicazione nominale del traduttore, pre’ Guielmo da Padoa, che si presenta e interviene talvolta a commentare la narrazione. Infine, ancora più significativo e caratterizzante è il ricco corredo iconografico che, sebbene qui sia stato rivisitato solo per un terzo delle figure originali del manoscritto oxoniense, suggerisce l’incanto genuino di una Biblia Pauperum immaginata dalla fantasia popolare, attraverso episodi sconosciuti al lettore moderno, ma sicuramente in sintonia con la bassa e media classe religiosa e mercantile veneta della seconda metà del Quattrocento. 


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