Editorial: The state of intelligence and mafias on the move

Authors

DOI:

https://doi.org/10.54103/cross-20547

Abstract

Questo numero della “Rivista” si apre con un contributo di eccezione. Lo firma il Generale Pasquale Angelosanto, comandante del Raggruppamento Operativo Speciale (ROS) dell’Arma dei Carabinieri. Il Generale, già protagonista nella sua carriera di operazioni investigative di grande rilievo sui fronti decisivi della lotta alle mafie, è diventato noto al grande pubblico con la cattura di Matteo Messina Denaro agli inizi dell’anno. L’eccezionale complessità delle indagini, che hanno chiuso un lunghissimo e discusso periodo di latitanza del boss di Castelvetrano, ha destato l’interesse degli esperti e dei mezzi di informazione. Contrariamente a quanto era stato inizialmente sussurrato da alcuni commentatori, è apparso infatti evidente che non vi è stata alcuna auto-consegna da parte del ricercato. Ne fanno fede i ricchi materiali di analisi e indagine trovati a carico del boss, dei suoi complici e dei suoi familiari in luoghi che sarebbero stati altrimenti tempestivamente svuotati. Le tecniche investigative, le forme concrete di esercizio dell’intelligence, non sono normalmente oggetto degli studi di criminalità organizzata. Stanno fuori dai monitor dei ricercatori. E chiedono la padronanza di strumenti concettuali e parametri estranei alle conoscenze storiche, giuridiche o sociologiche con cui il fenomeno mafioso viene affrontato. Da qui il desiderio di misurarcisi: la scienza delle indagini, la lettura dell’avversario condotta con le parole, i riferimenti e i bagagli teorici degli investigatori. Per questo il generale è stato invitato a tenere una lezione all’Università degli Studi di Milano pochissimi giorni dopo la cattura di Messina Denaro. I molti spunti emersi nell’occasione sono stati già parzialmente riorganizzati da Lucrezia Confente nel suo intervento pubblicato dall’ultimo numero della “Rivista”[1]. Ora, sempre con una collaborazione bibliografica di Lucrezia, il generale propone per questo numero una versione ampiamente rivisitata di quell’intervento. La filosofia dell’intelligence e i suoi capisaldi teorici, i suoi sviluppi e i requisiti di successo contro le organizzazioni mafiose, l’attività di intelligence realizzata dalla stessa mafia, disegnano un quadro strategico e operativo di assoluto interesse.
Proprio per questo suo taglio il contributo di apertura sembra però giungere come utilissima sponda per riflettere meglio anche sui contributi proposti dal nuovo numero. Ad esempio, su quello di Thomas Aureliani e Christian Ponti sulla proliferazione dei traffici d’armi nel Messico dei narcos (tema su cui, sia consentito dirlo, la “Rivista” sta conquistando un suo primato nel panorama scientifico nazionale), e sul loro ruolo all’interno di una crisi umanitaria che il governo messicano cerca di arginare con nuovi orientamenti giuridici e giudiziari ma a cui gli interessi economici retrostanti sembrano del tutto indifferenti.

Lo stesso dicasi per il contributo di Michele Brunelli sulle nuove attività di narcotraffico promosse dai militanti Hezbollah nell’America Latina, con la funzione che viene giocata dalla cosiddetta Triple Frontera, tra Argentina, Paraguay e Brasile. Scenari in effervescenza. Che danno l’idea dello sforzo analitico e anche del dispendio di energie investigative richiesto a chi milita sul fronte della legalità.

Idea che in un orizzonte temporale complesso e talora drammatico emerge, in forma per noi più coinvolgente, dallo studio di Daniele Canovi sulla storia della Commissione parlamentare antimafia dalla fine degli anni Ottanta ai giorni nostri. Ben diversa la sensazione che ci arriva dal discorso tenuto in parlamento nel 1875 da Diego Tajani, felicemente recuperato per questa sezione di “Storia e memoria” da Ciro Dovizio. Le parole del parlamentare, già procuratore generale del Re a Palermo, suonano autorevolissima conferma della storica natura della mafia come interna o “intranea” alle istituzioni. Messo accanto a quella denuncia, l’intervento odierno del generale Angelosanto dà obiettivamente la misura dell’immenso cambiamento avvenuto su questo terreno – l’atteggiamento dello Stato davanti alle mafie – in un secolo e mezzo di storia. Un tempo lunghissimo, è vero. Ma le culture civili, si sa, diversamente dalle tecnologie procedono con i tempi delle tartarughe. Che la consapevolezza di questo “salto” ci aiuti a inquadrare meglio anche il senso del nostro lavoro.


P.S. Il numero esce online in due soluzioni consecutive per ragioni logistiche, secondo un modulo già sperimentato dalle riviste open access dell’Università degli Studi di Milano. Gli articoli di Michele Brunelli e di Daniele Canovi completeranno il numero sul sito entro due settimane.

 

[1]  Confente, L., Il difficile equilibrio tra intelligence di contrasto e intelligence difensiva, in “Rivista di Studi e Ricerche sulla Criminalità Organizzata”, v. 8, n. 3, 2022, pp. 21-41.

Published

2023-07-05