Ad praesumptionem o ad plenam fidem? Il valore probatorio della testimonianza del complice nel diritto canonico medievale

Autori

  • Giovanni Chiodi Università degli Studi di Milano-Bicocca

DOI:

https://doi.org/10.13130/2464-8914/12799

Parole chiave:

processo romano-canonico, testimonianza del complice, presunzione, diritto delle prove, diritto canonico medievale

Abstract

Nel processo romano-canonico i rei confessi non potevano essere interro-gati intorno ai complici, tranne che nei crimini excepti. In questi casi, tut-tavia, i canonisti del XII e XIII secolo non furono concordi sul valore proba-torio da attribuire alle loro dichiarazioni. Per alcuni giuristi esse potevano costituire piena prova, per altri invece solo una presunzione. In ogni caso, dal XIII secolo la dottrina raggiunse un punto d’incontro nel ritenere che le dichiarazioni degli imputati per avere effetto dovessero essere corroborate da ulteriori riscontri. Questi princìpi trovarono conferma anche nella pro-cedura inquisitoria contro gli eretici. Il presente saggio, attraverso un’indagine sui manoscritti, ricostruisce le tappe del dibattito, distinguendo l’apporto delle scuole anglo-normanna, parigina e bolognese.

Pubblicato

2017-01-11

Fascicolo

Sezione

Articoli