“Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant”. La repressione penale dell’associazionismo politico nella transizione dal fascismo alla repubblica
DOI:
https://doi.org/10.13130/2464-8914/14887Parole chiave:
fascismo; giustizia di transizione; associazionismo politico; associazionismo sovversivo; associazionismo antinazionale; Codice penale Rocco.Abstract
Tra Otto e Novecento le norme in materia di repressione dell’associazionismo politico erano state strutturate, prima nel periodo liberale e poi nel periodo fascista, come un corpus manipolabile ed interpretabile, adattabile alle esigenze repressive statali, alle diverse pratiche di lotta politica e alle esigenze di mantenimento dell’ordine costituito e della pace sociale.
Il fascismo, che ben aveva compreso la pericolosità del dissenso organizzato in associazione, ampliò ulteriormente la definizione dell’associazionismo politico prevedendo nuove forme di reato. Il reato di associazione sovversiva, usato per la repressione di ogni forma di dissenso politico nel Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, configurava un reato di mero pericolo presunto, legittimando dunque l’anticipazione della tutela penale ed una repressione di tipo preventivo.
Dopo la caduta del fascismo, si pose la questione se tali norme potessero essere applicate agli iscritti al Partito Fascista Repubblicano o agli arruolati nelle forze armate repubblicane. Quando non era possibile la repressione mediante l’inquadramento dei fatti nei reati di collaborazionismo, previsti dalla legislazione eccezionale della fase di transizione, si tentò di punire la condotta mediante l’applicazione dei reati di associazionismo politico. Dall’analisi delle sentenze pronunciate in materia si riscontrano sul punto orientamenti, quantomeno inizialmente, differenti tra giudici di merito e giurisdizione di legittimità.
Gli argomenti utilizzati dai giudici per qualificare o meno tali fatti nei reati di associazionismo politico offrono notevoli spunti di riflessione in merito alla definizione dei delitti associativi politici i quali, ancora oggi, sono parte fondamentale del nostro diritto penale sostanziale e della loro attitudine ad adattarsi alle esigenze repressive statali.
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