Il cinema di Ingmar Bergman in italia: la rappresentazione del sesso tra censura e mondo cattolico
DOI:
https://doi.org/10.13130/2532-2486/8272Parole chiave:
Italian cinema, Catholicism, sexuality, Ingmar Bergman, censorshipAbstract
L’erotismo e la rappresentazione della sessualità e delle dinamiche dell’intimità della vita di coppia hanno accompagnato il cinema di Ingmar Bergman fin dalle sue prime prove registiche, divenendo nel corso del tempo una delle cifre tematiche in cui riconoscere la volontà di porre in essere attraverso il medium cinematografico una consapevole riflessione sul sesso inteso anche come paradigma di confronto tra individui. Sesso ed erotismo non con minor rilievo e significato si pongono accanto alle grande meditazioni metafisiche sul senso dell’esistenza, sulla difficoltà di comunicazione tra gli esseri umani e sul cosiddetto silenzio di Dio. Se questi ultimi temi sono fin da subito accettati e discussi dalla critica italiana nel momento in cui, alla fine degli anni ’50, i film del regista vengono distribuiti nel nostro Paese, divenendo paradigmatici di un discorso che innerverà tutta la riflessione sul cinema bergmaniano negli anni a venire, a una più attenta analisi l’erotismo che permea queste opere viene accantonato o, al massimo, inteso in una dimensione ancillare.
Eroticism, as well as the representation of sexuality and dynamics of intimacy in the lives of couples, inhabited the cinema of Ingmar Bergman from his very first experiments in direction. With the passing of time they became a thematic key, through which we can perceive the desire to negotiate, through the cinematic medium, a conscious reflection on sex, intended moreover as a paradigm through which individuals relate to one another. Significantly, sex and eroticism are situated alongside major metaphysical meditations on the meaning of life, the difficulty of communication among humans, and the so-called silence of God. While the latter themes were immediately accepted and discussed by Italian critics from the moment, at the end of the Fifties, when the director’s films were distributed in Italy, becoming paradigmatic of a debate that went on to animate every response to Bergman’s cinema in the years to come, a more attentive analysis of the eroticism that permeates these works was nevertheless foregone, or at best implicit in an ancillary dimension.
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