Don Artemio Zanni, il prete con la macchina da presa
DOI:
https://doi.org/10.13130/2532-2486/8628Parole chiave:
Italian cinema, Catholicism, film production, home moviesAbstract
Nel quadro delle pratiche del cinema amatoriale dell’Italia del dopoguerra, emerge l’esperienza originale di figure come Don Artemio Zanni (1914-1990), che operò tra il 1945 e gli anni Ottanta a Felina (nell'Appennino reggiano), in un contesto caratterizzato dall’isolamento e dal forte conflitto politico e sociale durante la Guerra fredda. Mettendo in gioco le semplici ma efficaci modalità di autorappresentazione del film di famiglia, Zanni filmò la vita quotidiana della comunità parrocchiale e di Casa Nostra (il centro di accoglienza di orfani e disagiati) concependo l’uso della cinepresa come strumento per favorire partecipazione e senso di appartenenza, e come efficace mezzo di comunicazione e promozione delle attività da lui realizzate. Alla luce del cospicuo archivio filmico che Zanni ha lasciato e delle informazioni di contesto, emerge una figura che colse nel cinema l’imprescindibile espressione di una modernità da cavalcare.
Some original figures of filmmakers, including Don Artemio Zanni (1914-1990), emerge from the history of amateur filmmaking in the postwar years. Zanni was a priest in Felina (in the Apennines of Reggio Emilia), an isolated context that was permeated by the tensions of the Cold War era. By using the simple yet effective strategies of self-representation typical of the home movies mode, Zanni filmed the daily life of the parish community and Casa Nostra (the orphanage and disadvantaged centre) for almost 40 years. In these videos, the camera is conceived as a tool to foster social participation and inclusion, and as a powerful medium for the communication and promotion of his activities and projects. The essay analyses Zanni’s amateur film archive and its contextual information, revealing the figure of an amateur filmaker who conceived of cinema as an essential expression of modernity.
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