“Una saggia politica criminale”. I ‘ragazzi di Salò’ nella giurisprudenza della corte di cassazione

Autori

  • Raffaella Bianchi Riva Università degli Studi di Milano

DOI:

https://doi.org/10.13130/2464-8914/12654

Parole chiave:

Repubblica sociale italiana, Collaborazionismo con i tedeschi, Minori, Giustizia di transizione, Corte di cassazione

Abstract

Dopo l’8 settembre 1943, migliaia di giovani scelsero di aderire alla repubblica sociale italiana e, durante la transizione dal fascismo alla repubblica, molti di loro furono processati per collaborazionismo con i tedeschi.

Poiché molti dei giovani imputati erano minorenni dal punto di vista penale, la maggior parte dei processi nei loro confronti riguardò il tema dell’imputabilità, la cui sussistenza, ai sensi dell’art. 98 c.p., doveva essere valutata dal giudice in relazione alla capacità di intendere e di volere.

Mentre, nei primi mesi successivi alla liberazione, la sezione speciale della corte di cassazione di Milano confermò in genere le sentenze delle corti d’assise straordinarie che dichiaravano i minori capaci di intendere e di volere (e dunque li condannavano, limitandosi a diminuire la pena come prescritto dall’art. 98 c.p.), nel corso del 1946, la seconda sezione della corte di cassazione iniziò ad annullare le sentenze di condanna, attribuendo rilevanza alla propaganda fascista che aveva influito sulla capacità di intendere e di volere dei minori, secondo la tendenza ad attenuare il rigore repressivo nei confronti del reato di collaborazionismo che ha caratterizzato la giustizia di transizione italiana.

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Pubblicato

2019-12-19

Fascicolo

Sezione

Infanzia e adolescenza tra diritto e società. Passato, presente e futuro.