Estratto da: "Teoria generale dei sistemi. Fondamenti, sviluppi, applicazioni" di Ludwig von Bertalanffy


Il seguente brano è tratto dal testo di Ludwig von Bertalanffy, Teoria generale dei sistemi. Fondamenti, sviluppi, applicazioni, trad. it. di E. Bellone, Mondadori, Milano 2004 (prima ed. 1983), pp. 88-91.

 

La teoria generale dei sistemi e l’unità delle scienze

[…] La funzione integratrice della teoria generale dei sistemi si può forse riassumere nel seguente modo. Sino a oggi l’unificazione delle scienze è stata vista in termini di riduzione di tutte le scienze alla fisica, così come la risoluzione finale di tutti i fenomeni è stata considerata in termini di risoluzione in eventi fisici. Dal nostro punto di vista l’unità delle scienze si avvantaggia di un aspetto più realistico. Una concezione unitaria del mondo può infatti basarsi, non tanto sulla speranza – probabilmente vana e certo di ben lontana realizzazione – di riuscire finalmente a ridurre tutti i livelli della realtà al livello della fisica, quanto piuttosto sull’isomorfismo delle leggi di diversi settori d’indagine. Esprimendoci in quello che è stato definito un modo “formale” d’espressione, e cioè guardando ai costrutti concettuali della scienza, tutto ciò significa un riferimento a uniformità strutturali degli schemi che stiamo applicando. Esprimendoci invece in linguaggio “materiale”, tutto ciò significa che il mondo, e cioè il complesso degli eventi osservabili, mostra uniformità strutturali manifestandosi secondo tracciati isomorfi che, in differenti livelli e domini, sono caratterizzati da ordine.

Giungiamo allora a una concezione che, in contrasto rispetto al riduzionismo, possiamo definire prospettivismo. Non ci è possibile ridurre i livelli del biologico, del comportamentale e del sociale al livello più basso, cioè al livello dei costrutti e delle leggi della fisica. Possiamo, però, trovare dei costrutti e, possibilmente, delle leggi, nell’ambito dei livelli individualmente esaminati. Il mondo – come disse una volta Aldous Huxley – è come una torta di gelato napoletano, dove i livelli – l’universo fisico, quello biologico, quello sociale e quello morale – rappresentano gli strati di cioccolato, di fragola e di vaniglia – il massimo che possiamo dire è che, forse, in ultima analisi, tutto è vaniglia, tutto è mente o spirito. Il principio unificatore consiste nel trovare, a tutti i livelli, l’organizzazione, la concezione meccanicista del mondo, nel porre come realtà ultima il gioco delle particelle fisiche, trovava la propria espressione in una forma di civiltà che inneggiava a quella tecnologia fisica la quale, alla fine, ha portato alle catastrofi del nostro tempo. Forse un modello di mondo inteso come una grande organizzazione può esserci d’aiuto nel rafforzare il senso di rispetto reverenziale nei confronti del vivente, senso che abbiamo quasi completamente perduto durante gli ultimi sanguinosi decenni della storia umana.

La teoria generale dei sistemi nell’educazione: la produzione di generalisti scientifici

Dopo questo schematico abbozzo del significato e dei fini della teoria generale dei sistemi, lasciatemi ora tentare di dare una risposta alla domanda vertente su quale possa essere il contributo di tale teoria a una educazione di tipo integrativo. Per non sembrare troppo di parte, presenterò alcune poche citazioni tratte da autori i quali non erano direttamente implicati nello sviluppo della teoria generale dei sistemi.

Pochi anni or sono, un gruppo di scienziati, che comprendeva l’ingegner Bode, il sociologo Mosteller, il matematico Turkey e il biologo Winsor, pubblicò un articolo intitolato L’educazione dei generalisti scientifici. Gli autori ponevano in rilievo «la necessità di un tipo d’approccio ai problemi scientifici che sia più semplice e più unificato». Essi scrivevano:

Spesso sentiamo dire che “un singolo uomo non può più coprire campi sufficientemente estesi” e che “esistono specializzazioni troppo settoriali”. […] Abbiamo bisogno di un tipo d’approccio ai problemi scientifici che sia più semplice e più unificato, abbiamo bisogno di uomini che pratichino la scienza – non una scienza particolare. in altre parole, abbiamo bisogno di generalisti scientifici (Bode et al., The Education of a Scientific Generalist, «Science», 109, 1949, p. 553).

Gli autori chiarivano, quindi, come e per quali ragioni i generalisti fossero necessari in settori quali la chimica-fisica, la biofisica, le applicazioni della chimica, della fisica e della matematica alla medicina, e così continuavano:

Ogni gruppo di ricerca ha bisogno di un generalista, sia che si tratti di un gruppo istituzionale appartenente a una università oppure a una fondazione, sia che appartenga a un gruppo industriale […]. In un gruppo rivolto all’ingegneria, il generalista dovrebbe naturalmente interessarsi di problemi implicanti dei sistemi. Questi problemi sorgono ogni volta che delle parti vengono strutturate entro un complesso più o meno bilanciato (ibidem).

Durante un simposio della Fondazione per l’Educazione di tipo Integrativo, il professor Mather (1951) pose in discussione «Gli studi integrativi per l’educazione generale». Egli affermava quanto segue:

Una delle critiche rivolte all’educazione generale si basa sul fatto che essa può, facilmente, degenerare in una semplice presentazione di informazioni raccolte in tanti settori d’indagine quanto si ha il tempo di trattare durante un semestre oppure un anno. […] Se aveste l’occasione di sorprendere una discussione tra diversi studenti degli ultimi corsi, ne sentireste certamente qualcuno affermare: “I nostri professori ci hanno imbottiti del tutto, ma che significa questo?” […] È ben più importante la ricerca di concetti fondamentali e di principi profondi, che possono essere validi per l’intero corpo delle conoscenze.

Nel rispondere alla domanda su quali fossero questi concetti fondamentali, Mather afferma:

Concetti generali molto simili tra di loro sono stati indipendentemente sviluppati da ricercatori i quali hanno lavorato in campi molto diversi. Queste corrispondenze sono di gran lunga le più dense di significato, in quanto si basano su fatti completamente diversi. Gli uomini che le hanno sviluppate erano pressoché all’oscuro dei lavori eseguiti dagli altri che pure giungevano a risultati simili. Essi partivano da situazioni caratterizzate da filosofie che lottavano l’una contro l’altra, eppure raggiungevano delle conclusioni che erano sorprendentemente simili. […]

Concepiti in questo modo, [conclude Mather], gli studi di tipo integrativo dimostrerebbero di costituire una parte essenziale della necessità di una comprensione della realtà.

Non sono necessari commenti. L’educazione convenzionale, nel rivolgersi alla fisica, alla biologia, alla psicologia o alle scienze sociali, li considera alla stregua di settori separati in un contesto la cui tendenza generale consiste nel fatto che dei sottosettori sempre più ristretti diventano, a loro volta, delle scienze separate: e questo processo vien ripetuto sino al punto che ciascuna specialità diventa un settore trascurabilmente ristretto, del tutto privo di connessioni con il resto. Al contrario, le esigenze educative concernenti la preparazione di «generalisti scientifici» e lo sviluppo interdisciplinare di «principi fondamentali» sono proprio quelle esigenze che la teoria generale dei sistemi tenta di soddisfare. Non si tratta di un mero programma o di un pio desiderio, in quanto, come abbiamo cercato di far vedere, una struttura teorica di un tal genere è già in via di sviluppo. In questo senso, dunque, la teoria generale dei sistemi appare come una importante via diretta verso la sintesi interdisciplinare e una educazione di tipo integrante.