Practice and practicing

Autori

DOI:

https://doi.org/10.54103/2239-5474/18857

Parole chiave:

Practices; practicing; social ontology; John Rawls; Two Concepts of Rules; rules; two-dimensional norms; technique

Abstract

Questo articolo si interroga su ciò di cui i filosofi hanno parlato, o dovrebbero parlare, quando parlano di "una pratica". La questione è complicata per il fatto che, almeno in inglese, esistono diversi sensi piuttosto distinti della parola "pratica", in due dei quali "pratica" è usato come un sostantivo e in altri due sensi "pratica" è usato come un verbo. Tutti questi usi, sia nominali che verbali, sono in realtà ben distinti, ma chiaramente connessi, a ciò che interessa ai filosofi quando parlano di "una pratica".

In Due concetti di regole John Rawls ha offerto una definizione di 'pratica' che ha influenzato le successive discussioni filosofiche su cosa significhi essere una pratica: «Uso la parola 'pratica' come una sorta di termine tecnico che indica qualsiasi forma di attività specificata da un sistema di regole che definisce posizioni, ruoli, mosse, penalità, difese e così via, e che dà all'attività la sua struttura. Come esempi si può pensare ai giochi e ai rituali, ai processi e ai parlamenti».  La tesi centrale di Due concetti di regole è che le regole consequenzialiste e deontiche (o norme) sono entrambe essenzialmente coinvolte nell'istituzione e nella valutazione delle pratiche. La tesi del presente lavoro, tuttavia, è che se ci si concentra sul processo di esercizio di una pratica per sviluppare e mantenere la capacità di occupare con successo una posizione in una pratica rawlsiana, si può vedere che Rawls ha sbagliato sia a identificare il carattere di queste norme sia a individuare i loro obiettivi.

Pubblicato

2022-11-20