Agere obiectum. La finalità pratica della teologia come dilectio Dei in Pietro Aureolo
DOI:
https://doi.org/10.13130/2035-7362/10356Abstract
Nel contesto della discussione medievale sulla scientificità della teologia, uno dei temi particolarmente studiati dall’epistemologia teologica (o metateologia) è quello della qualità speculativa o pratica della teologia. Su questo aspetto, la tradizione francescana ha sviluppato la tendenza ad assegnare alla teologia un carattere, se non assolutamente pratico, quantomeno intermedio tra speculativo e pratico, ma certamente caratterizzato da un’indole affettiva. L’iniziatore di questa specificazione pratica dell’abito teologico quale «scientia movens affectionem ad bonitatem» può essere certamente identificato in Alessandro di Hales. Il mio intento consiste qui nel documentare tale attribuzione in una delle sue forme, accostando i testi di uno tra i più autorevoli maestri francescani del xiv secolo: Pietro Aureolo († 1322). Ne sarà esaminata la proposta studiando i passaggi relativi al tema rintracciabili nello Scriptum e nella Reportatio.
In the Medieval debate on the scientificity of Theology, one of the themes particularly studied by theological Epistemology (or Metatheology) is its speculative or practical quality. On this issue the Franciscan Tradition has developed an aptitude to give Theology a character, if not absolutely practical, at least intermediate between speculative and practical, but certainly marked by an affective peculiarity. Of course the author who started this practical specification of the theological habit as «scientia movens affectionem ad bonitatem» can be identified as Alexander of Hales. My purpose here is to document a model of this attribution approaching some texts of one of the most influential Franciscan Masters of the Fourteenth Century: Pietro Aureolo († 1322). I am going to examine his proposal by studying excerpts related to the theme in the Scriptum and Reportatio.
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