Tra romanzo e rivoluzione. Il millenarismo medievale sotto la penna di Umberto Eco
DOI:
https://doi.org/10.13130/2035-7362/15574Parole chiave:
Millenarianism, Structuralism, Analogy, Over-interpretationAbstract
A partire dalla produzione saggistica e letteraria di Umberto Eco, l’articolo analizzerà l’immaginario del Medioevo inteso come culla di ogni genere di millenarismo. La trattazione prenderà avvio dal suo saggio Palinsesto su Beato (1963); tenendo conto dell’originalità della prospettiva strutturalista di Eco, si confronterà l’ultima riedizione di questo scritto con un quadro bibliografico sul ruolo dell’Apocalisse di San Giovanni in seno alla tradizione occidentale. Il primo riferimento sarà la tesi genealogica di Karl Löwith, il quale nel suo Significato e fine della storia (1949) affermò che le moderne filosofie della storia rispondono alla stessa ispirazione millenarista della cultura cristiana. Il secondo confronto sarà con uno dei ritratti dell’eresiarca Fra Dolcino; nella fattispecie, sarà considerata la prospettiva del filosofo socialista Antonio Labriola, elaborata a fine Ottocento per distinguere le applicazioni scientifiche del materialismo storico dai suoi fraintendimenti escatologici. Questi due opposti interlocutori condurranno a problematizzare l’interpretazione del millenarismo per come rappresentato da Umberto Eco ne Il nome della rosa (1980). Il romanzo intende infatti l’apocalittica dolciniana come la prefigurazione del terrorismo degli Anni di Piombo? O si tratta di una mera strizzata d’occhio, un gioco con il lettore, il quale è chiamato a non confidare troppo nella potenza simbolica delle analogie?
Considering Umberto Eco’s articles and novels, the paper will examine the imaginary of the Middle Age as the cradle of every kind of millenarianism. The analysis will start from Eco’s essay Palinsesto su Beato (1963). Looking at the originality of his structuralist view, I will compare the last editing of this text with a bibliographical framework about the role of the Apocalypse of St. John in the Western tradition. The first reference will be the genealogical thesis of Karl Löwith, who in Meaning in History (1949) affirmed that the modern philosophies of history have the same eschatological aim of the Christian culture. The second comparison will be with a portrait of the medieval heresiarch Fra Dolcino. In this case, I will consider the perspective of the socialist philosopher Antonio Labriola, who elaborated it at the end of the XIX Century to distinguish the scientific applications of historical materialism from his eschatological misinterpretations. These two opposite references will drive me to problematize the representation of millenarianism as it was depicted by Umberto Eco in his The Name of the Rose (1980). Indeed, is Dulcinian millenarianism intended by the novel as a prefiguration of the political terrorism in Italy during the Years of Lead? Or is this only a wink, a joking interaction with the reader, who should be careful to rely not on the symbolic strength of analogies?
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