Abstract
L’ironia e il soprannaturale, due aspetti del Furioso collegati l’uno all’altro, sono state tra le questioni più studiate dalla critica ariostesca degli ultimi anni. Una delle tesi che è stata proposta riguarda l’«insegretimento» dell’ironia nel Cinquecento. Più o meno consapevolmente rimossa dai primi lettori del Furioso, l’ironia sarebbe stata riscoperta e valorizzata solo diversi secoli dopo, mettendo noi lettori di oggi in una posizione migliore per apprezzare i procedimenti attraverso cui il Furioso raggiunge i suoi effetti ironici e il particolare statuto del soprannaturale che caratterizza il poema, per capire quindi ciò che c’è di “ariostesco” in Ariosto. Il presente contributo riesamina il problema della specificità dell’Orlando furioso sia dal punto di vista delle caratteristiche testuali sia da quello del modo in cui sono state notate nel tempo e si propone di dimostrare che la comprensione di un determinato aspetto del testo non coincide necessariamente con l’adeguatezza degli strumenti teorici utilizzati per descriverlo.