Abstract
La storia di Rama era nota a Giava e nel Sud-Est asiatico continentale già prima del IX secolo. Le divergenze vigorose tra le versioni fantoccio di Giava Occidentale e quelle malesi di Valmiki mostrano modelli di intensificazione e localizzazione che rendono la narrazione specifica e particolare in ogni regione. Negli anni ’60, il Ramayana non era associato a implicazioni religiose o politiche per gli artisti musulmani, e la sua popolarità nel Sud-Est asiatico ne aumentò il valore. Nel 1965 l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN) tenne un festival Ramayana pan-sudest asiatico, ispirando i paesi in cui questa epopea, preservata attraverso spettacoli di bu-rattini e maschere, era solo modestamente popolare (ad esempio, Indonesia e Filippine) a coltivare l’interesse nella narrativa delle tradizionali marionette del continente sud-est asiatico. A partire dagli anni Novanta, tuttavia, le forze politico-religiose transnazionali, compresa la “rinascita” indù in India (che vede Rama come proto-sovrano di un regno indù), e la “rinascita” islamica nel mondo musulmano (che vede la storia come shirk, adorazione di un dio diverso da Allah), hanno imparato a problematizzare la narrativa delle marionette indonesiane e malesi.