Se l’epica è, per definizione, il genere a cui le civiltà hanno delegato la consacrazione dei propri miti fondativi, è fuori discussione che essi passino attraverso figure, gli eroi, il cui compito primario è quello di fissare con la morte un rapporto dialettico di confronto e superamento. Il profondo legame che unisce eroe e morte, infatti, non dipende soltanto dal fatto che la morte rappresenta un ineluttabile esito della guerra, terreno privilegiato della narrazione epica e dell’azione eroica, ma ancor più dal fatto che la morte rappresenta nella vita dell’eroe il momento supremo dell’autoaffermazione: la fama, il kleos, l’immortalità dell’eroe dipendono in primo luogo dal suo sprezzo della morte e, in secondo luogo, dal consumarsi della sua vita anzitempo, prima della corruzione del corpo e dello spirito. Per quanto dunque i modelli eroici siano cambiati nello spazio e nel tempo, questo paradigma del rapporto tra eroe e morte è in qualche modo sostanziale a qualsiasi narrazione eroica ed epica.