La coscienza della libertà.
Una lettura del De Consolatione Philosophiae di Severino Boezio
DOI:
https://doi.org/10.13130/2035-7362/143Abstract
Il problema filosofico di Boezio, già chiaro sin dalla comparsa sulla scena di Filosofia, risiede nel tentativo di chiarire come si possano avere conoscenze stabili, cioè necessarie, di cose mutevoli, cioè contingenti, ed è un problema di coesistenza tra le une e le altre. Una lettura filosofica che, trasposta in termini teologici, porta a questa idea di creazione: un mondo contingente creato da un Dio, in sé necessario, che nel momento in cui crea lo fa in relazione ai suoi modi di conoscere, cioè necessitando in modo condizionato le cose esistenti. In tal modo, egli fonda la nostra conoscenza del mondo e quella di noi stessi che il mondo vediamo, pensiamo e giudichiamo mentre vediamo, pensiamo e giudichiamo di vedere, pensare e giudicare il mondo.
La storia della Consolatio Philosophiae è la storia tragica di quell’ipotetico generale, di cui scrive Musil, che per ragioni strategiche manda dei battaglioni alla morte sicura, ed è un assassino se si pensa che si tratta di migliaia di figli di mamma; ma diventa subito qualcos’altro se si connette il fatto con altri pensieri, per esempio con la necessità del sacrificio o la brevità della vita. È poi la storia tragica della presa d’atto di quanto sia utile ma falso il tentativo di chi considera la vita che si presenta dinnanzi come un dato fisso e fermo. E lo è perché è la contemporanea storia del tragico tentativo di fondare il pensiero sul mondo a partire dalla consapevolezza che il mondo potrebbe mutare in ogni istante in tutte le direzioni, o almeno in una qualunque di esse.
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